La Lazio ricominci solo da Immobile

La Lazio ricominci solo da Immobile© LAPRESSE
di Alberto Dalla Palma
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Ci avrà sperato anche Inzaghi, fino all’ultimo, di celebrare l’aggancio o addirittura il sorpasso, ma la Lazio non ha retto, come non aveva retto contro il Napoli e con tutte le big affrontate da ottobre in poi. È caduta nello sprint finale, quando Pioli aveva già tolto i suoi uomini migliori, gli stessi che avevano messo in grande difficoltà la difesa biancoceleste. Con il Milan, poi, aveva già dovuto sopportare due lezioni, sempre a Milano, prima in campionato e poi in Coppa Italia: Leao l’uomo decisivo, anche se era uscito poco prima della zampata finale di Tonali. La partita l’aveva fatta da solo, inventando il pareggio di Giroud e mettendo in croce Lazzari e Marusic, oltre a Patric e Acerbi. Sarri non è riuscito a trovare una contromossa per frenare il portoghese neanche al terzo appuntamento della stagione e così oggi si ritrova ancora dietro alla Roma e con un piede fuori dall’Europa. 
 
Ci sono altre quattro partite, quindi è ancora tutto aperto, ma nelle ultime due sfide consecutive giocate all’Olimpico il tecnico toscano ha raccolto solo un punto contro il Torino, dopo essere stato dominato da Juric dal primo all’ultimo minuto. Ci aveva pensato Immobile, anche quella sera proprio come ieri: un Ciro immenso, ventiseiesimo gol in campionato, il numero 181 in serie A, uno in più di Quagliarella che deteneva il trono dei cannonieri in attività fino al guizzo del laziale, immarcabile anche per giganti come Tomori e Kalulu. Ma a Sarri non è stato sufficiente neanche avere Immobile dalla sua parte: in un modo o nell’altro, è riuscito a cascare quando pensava di essere riuscito ad alzare un muro con l’inserimento di Basic e poi di Cataldi, Marusic, Hysaj e Luiz Felipe. Un black out collettivo di tutta la linea difensiva, proprio all’ultimo istante, quando il pareggio lo avrebbe tenuto ancora più in vita nel duello serratissimo con la Fiorentina, l’Atalanta e la Roma per un posto in Europa, più o meno nobile che sia. 

Nell’Olimpico che il presidente Lotito è riuscito a trasformare per una notte nel Meazza di Milano con la “grande” iniziativa del caro biglietti, la Lazio è caduta dopo aver sentito il profumo della sua vittoria più bella. Dopo il gol di Immobile, aveva costruito le condizioni per colpire il Milan di rimessa in una partita senza un attimo di respiro, quasi all’inglese: Leao, come già detto, era immarcabile, né con Lazzari né con una organizzazione migliore, eppure gli spunti di Felipe, di Milinkovic e di Immobile stavano costringendo Pioli a restare sempre con il cuore in gola. Se avesse perso ieri sera, a pochi giorni dal recupero dell’Inter a Bologna, il sogno-scudetto dei rossoneri forse sarebbe svanito: invece il tecnico milanista si è rialzato sfruttando tutte le debolezze della Lazio, compresa quella ambientale, che diventerà un motivo di riflessione anche per Sarri e per lo stesso club, che senza i soldi dell’Europa dovrà ridimensionare le sue ambizioni, ammesso che il presidente ne abbia ancora. 

Mau avrà ancora voglia di allenare in questo ambiente, dove tifosi e società sono in conflitto costante a tal punto da consegnare l’Olimpico agli avversari? E dove una curva intera, quando entra allo stadio, fischia un giocatore della Lazio (Acerbi, per la cronaca ieri uno dei peggiori)? E dove il miglior talento biancoceleste dopo Immobile, cioè Milinkovic, verrà ceduto al miglior offerente per garantire alla squadra l’iscrizione al prossimo campionato? Riflessioni che emergono dopo un’altra notte amara, una delle tante che i tifosi sono stati costretti a sopportare nel corso della stagione. Doveva essere quella del passaggio da una filosofia (Inzaghi) all’altra (Sarri) per iniziare un ciclo ancora più affascinante, ma in realtà si sta trasformando, a sorpresa, nell’anno zero. E l’unica certezza, dando uno sguardo al futuro, si chiama Ciro Immobile. Tutto il resto è buio pesto. 
 


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