ROMA - Inzaghi non ha ancora ritrovato in pieno la voce persa sabato durante il derby con la Roma. Ieri mattina, alla ripresa degli allenamenti a Formello, ha chiuso la porta dello spogliatoio e ha tenuto a rapporto la Lazio. Una sfuriata in piena regola. Simone era deluso e una parte dei contenuti li aveva anticipati in conferenza stampa: voleva più fame e cattiveria, non ha visto l’atteggiamento giusto. Si può perdere un derby, ma non in quel modo, senza lottare su ogni pallone e prendendo tre gol da calcio piazzato. Leggerezze e distrazioni imperdonabili di cui si era lamentato anche nell’intervallo della partita, appena preso il gol di Lorenzo Pellegrini. Per battere e mettere sotto la Roma ci voleva altro. In primis una personalità differente e invece la Lazio è fragile dal punto di vista caratteriale, sparisce nelle difficoltà, non tiene palla e non congela la manovra. «Cos’ha Luis Alberto?» chiedeva Inzaghi al suo vice Farris durante il primo tempo. Non si capacitava di come lo spagnolo non riuscisse a incidere, timido e impaurito, la brutta copia dell’asso apprezzato nella passata stagione. Anonimo anche Milinkovic, ma almeno stava correndo senza trovare la posizione giusta o il colpo decisivo.
TUTTI SOTTO ESAME - Luis Alberto è diventato un caso. Sinora Inzaghi lo ha aspettato e difeso, gli ha dato diverse occasioni e altre gliene concederà, perché è un patrimonio della Lazio e un suo pupillo, ma già prima del derby qualche riflessione si era concesso pensando alle prestazioni di Caicedo e Correa. Ha scelto lo spagnolo e i suoi fedelissimi, la solita Lazio, si aspettava un altro tipo di risposta e di prestazione. Ora Simone non può entrare in difficoltà con il gruppo o creare nuovi casi come era successo con Felipe Anderson pochi mesi fa. O Luis Alberto si sveglia o finisce in panchina.
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