Juve, tutto nero su bianco

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Juve, tutto nero su bianco© Juventus FC via Getty Images
Ivan Zazzaroni
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Su un punto la procura e la Juve di Elkann si stanno trovando finalmente - e fatalmente - d’accordo: è giunto il momento di metterlo, un punto. Ma definitivo. In che modo? Attraverso una trattativa processuale (il patteggiamento post-deferimento non è una novità) che preveda la rinuncia da parte del club a ricorsi al Collegio di garanzia del Coni (questo sì, da riformare) e, eventualmente, al Tar. Il vantaggio per i bianconeri, non più punti di penalizzazione, bensì multe la cui entità verrebbe stabilita al momento del giudizio.

In fondo è un gioco di benefici e rischi. Il club vuole evitare un altro processo, quello del 15 per la manovra stipendi; la procura, ulteriori appelli e un allungamento del brodo che potrebbe disturbare tanto la nuova stagione quanto i rapporti con la Uefa, che ha tempistiche, agenda e equilibri da rispettare.

Le modalità delle sentenze sul caso plusvalenze (il -10 diventerebbe così definitivo) e gli effetti che hanno prodotto in termini di immagine sulla giustizia sportiva sono tra gli elementi che dovrebbero favorire una rapida chiusura dell’accordo.

Strettissimi i tempi. Domandona: la decisione del giudice riguarda la Juve e tutti i deferiti o soltanto alcuni? È previsto il macero per un paio di loro?

Dal nero su bianco al bianconero, al futuro della squadra in chiave tecnica, visto che si continua a parlare della situazione di Allegri, legato contrattualmente per altre due stagioni al costo complessivo di 14 milioni netti.

Riflessione supplementare: perché uno come Max, abituato ad allenare i campioni e cultore dei livelli - per lui esistono quelli in grado di giocare la Champions e quelli che l’Europa la possono frequentare solo da turisti; perché, dicevo, in una stagione complicatissima, sfiancante e irripetibile si è affidato ripetutamente ai ventenni? Ovvero a Fagioli, Miretti, Soulé, Iling-Junior, Barbieri, Barrenechea? Perché uno come lui, portato a inserire i giovani con i tempi giusti, secondo una programmazione mirata a evitare bruciature, è spesso ricorso a esponenti della Next Gen?

Semplicemente perché i presunti campioni presi a costo zero si sono resi autori di prestazioni penose, hanno fatto ridere o piangere tutto l’anno quando non si sono dovuti arrendere a infortuni o ricadute. E trascuro le complicazioni e i ritardi derivati dal Mondiale autunnale che ha finito per subordinare gli interessi della Juve a quelli di almeno due degli acquisti più importanti, Pogba e Di Maria.

Sconfitto dal Milan, Allegri ha avuto solo il torto di dire la verità. Questa la frase sgradita ai tifosi: «Sapevo che sarebbe stato difficile vincere subito quando sono tornato alla Juventus... avessi voluto vincere sarei andato da un’altra parte» (Real Madrid), parole di segno opposto a quelle pronunciate tanto da lui quanto da John Elkann pochi mesi prima: «Dopo essere rimasti un anno senza trofei, per la prima volta in dieci anni, abbiamo il dovere di vincere lo scudetto», seguite dagli elogi a Pogba e Di Maria: «Sono straordinari, abbiamo un giovane come Gatti, e poi ci sono altri giovani che devo valutare».

Di valutarli non ha avuto nemmeno il tempo: eccoli titolari quasi fissi per via delle defezioni dei due “straordinari”.

L’esegesi delle parole di un allenatore è il primo gradino del pregiudizio.


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