Sono proprio curioso di vedere la prima Juve by Igor Tudor, una formazione che immagino sarà assai diversa da quella - meglio, quelle - di Thiago. Una squadra di rottura piena, sia tattica sia filosofica (chiedo scusa per il termine iperbolico) destinata ad alimentare confronti, altre discussioni, altre battaglie ideologiche e nuove valutazioni sui giocatori. Numerosi sono i destini legati alle prossime nove giornate.
Il passaggio alla tre tudoriana sembra inevitabile: non avendo potuto seguire gli allenamenti - cosa che non faccio dall’88 -, ho provato a mettere al loro posto le pedine, sfruttando il tavolo del mitico Subbuteo regalatomi da Amazon (aspetto ancora quello regolare promesso dagli eredi di Edilio Parodi).
I difensori non dovrei sbagliarli: Kalulu, Gatti e Kelly, appena riscattato a una cifra per molti imbarazzante (vedremo in seguito). A centrocampo Locatelli, capitano definitivo, e Thuram; sugli esterni Nico e McKennie, aspettando Cambiaso; la trequarti potrebbero occuparla Koopmeiners, riportato nella posizione atalantina, e Yildiz. Unica punta, Vlahovic liberato come il lungomare Caracciolo.
Naturalmente posso commettere errori (nel caso, mi “corigerete”), tuttavia sulla disposizione 3-4-2-1 mi sento sufficientemente sicuro: la storia di Igor e il poco tempo a sua disposizione non lasciano spazio a invenzioni.
In tutto quello che è accaduto e sta per accadere a Torino c’è assai poco di juventino, nonostante il ritorno di Tudor che ha subito messo le cose in chiaro sottolineando il senso di appartenenza e i valori che sembravano accantonati: gli aneddoti su Zidane e Pirlo un’efficace astuzia comunicativa.
È come se oggi la Juve ricominciasse da zero; come se nove mesi e duecento e passa milioni di mercato si sottoponessero a un esame sul campo: la commissione esterna è costituita da un tecnico distante anni luce dal predecessore. Tudor si è presentato con umiltà, pur non essendo umile, e ha una cultura dei rapporti con chi allena meno complicata.
Nei giorni scorsi un addetto ai lavori vicinissimo alla Juve mi ha detto: «Tudor è un allenatore facile alla rottura, ma qui non c’è più nulla da rompere, è già tutto rotto».
Igor dovrà incollare i pezzi in nove settimane per ricomporre un mosaico discutibile.