Motta e Palladino, emergenti di moda

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Motta e Palladino, emergenti di moda© LAPRESSE
Cristiano Gatti
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Una volta questa partita si commentava da sola: Juve-Fiorentina, livori&rancori, bastava la parola, dire Juve e sclerare, dire viola e schifare. Ma stavolta: finalmente c’è qualcosa di più e di meglio, se non cambia la musica cambiano almeno i suonatori. Motta e Palladino, i nuovi, gli emergenti, quelli di moda però anche di modo, perchè presi apposta immaginando futuri fantasmagorici con la loro religione del gioco d’attacco, oggigiorno nelle accademie si dice propositivo, cioè mai passivo, mai remissivo, niente corto muso e vergognoso il braccino. Ancora non è sempre così, ma se c’è un privilegio che quelli di moda e di modo hanno strappato al mondo cinico e impietoso del calcio è la pazienza, pazienza mai concessa agli allenatori basici del vecchio conio, ma oggi pre-requisito politicamente corretto persino presso le presidenze più spietate. 

Motta e Palladino sono usciti dal liceo col massimo dei voti, uno a Bologna l’altro a Monza, due campionati con i controfiocchi per acquisire di slancio l’accesso all’università delle grandi squadre, qui nella nazione di un dogma indiscutibile, quello per cui l’allenatore è davvero grande se e quando allena una grande squadra, altrimenti è bravo, certo, come no, però “non è da grande squadra”, qualunque cosa voglia dire. Ovviamente a parte Gasperini, che ultimamente è arrivato a bestemmiare in chiesa, eretico insolente: bocciato all’università dei superclub, lui assaggiato e sputato dall’Inter dopo tre mesi con lo stigma definitivo, “non è da grande squadra”, una grande squadra s’è messo a costruirsela in proprio, da autodidatta, adesso dall’alto della sua Atalanta europea guarda i grandi e ancora aspetta che quelli s’inventino la nuova etichetta. 
Casualmente, e chissà se è solo un caso: Motta-Palladino è anche e forse soprattutto il duello, il confronto diretto, il braccio di ferro tra due replicanti del Gasp, due dei tanti, quasi a dimostrare che l’esperto maestro buttato fuori dall’università è riuscito comunque a fondare una scuola, diciamo un don Milani profano che esce dai canoni convenzionali e s’inventa un altro modo di crescere gli allievi. Tanto tempo dopo Sacchi, è forse il fenomeno più innovativo, come una rivoluzione, che l’Italia abbia prodotto in questi ultimissimi anni: giocarsela a tutto spiano senza calcoli e senza remore, fino alla fine. Purchè sia così anche stasera, purchè Motta e Palladino non regrediscano pavidamente verso un indolore pareggio senza vincitori e soprattutto senza sconfitti, perchè altrimenti questa romantica poesia va doverosamente inviata al macero. E il Gasp si rivolta sulla panchina. 


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