TORINO - La parola “tormento” si legge e si scrive allo stesso modo anche in spagnolo. Nico Gonzalez, il ragazzo di Belén de Escobar che nel barrio era abituato a stringere i denti, ne sta vivendo uno particolarmente curioso. Perché il 2 ottobre, a Lipsia, non ha giocato sopra il dolore. Si è fermato in tempo, al 12’ del primo tempo, intuendo che una permanenza in campo avrebbe potuto peggiorare le cose. La tentazione di andare avanti c’è stata, dopotutto «Nico è uno di quelli che morirebbe per i compagni», come ha confermato Cambiaso, e cinque minuti prima era uscito Bremer per un altro guaio fisico. Nonostante le precauzioni, Nico è fermo da 45 giorni. E ogni volta che prova a forzare un po’, sente dolore. La diagnosi non fu poi così grave: da una lesione di basso grado del retto femorale della coscia destra si guarisce in un paio di settimane, tre al massimo, mentre stavolta è già trascorso un mese e mezzo.
Nico Gonzalez, il tormento dell’infortunio
Giovedì, nell’ultima seduta prima dei tre giorni di riposo concessi da Thiago ai calciatori rimasti a Torino, l’ex Fiorentina ha ancora lavorato a parte. Prima della sosta aveva messo nel mirino il Milan, ora non è più così scontato che per la sfida di sabato prossimo a San Siro possa essere disponibile. Lunedì alla Continassa andrà in scena il test decisivo. Dopo i rossoneri la Juve affronterà Aston Villa, Lecce, Bologna, Manchester City, Venezia, Cagliari in Coppa Italia, Monza, Fiorentina e poi la final four di Supercoppa in Arabia Saudita: saranno dieci - o undici in caso di finale a Riyad - le partite in appena un mese e mezzo e, con l’emergenza totale in difesa che persisterà, Motta spera almeno di poter avere rotazioni a sufficienza dalla metà campo in su.
Nico Gonzalez, un jolly indispensabile
Per la Juventus è un momentaccio dal punto di vista degli infortuni. Con Bremer e Cabal out per le lesioni del crociato, nessuno intende rischiare né forzare le tempistiche di un rientro. Di Gonzalez, però, c’è un disperato bisogno: Motta in estate ha accettato di non avere un sostituto di Vlahovic fino al recupero completo di Milik (operato due volte) proprio perché l’argentino, preso come ala, avrebbe potuto anche interpretare il ruolo di prima punta in caso di necessità. La sua assenza pesa perché priva la Signora di un titolare sulla fascia e di un’alternativa davanti; al punto che, per risparmiare al serbo qualche minuto, la prima punta l’hanno dovuta fare, a giro, Weah, Mbangula e Yildiz, tutti con scarsi risultati.
Nico Gonzalez, uno stop prolungato
È accaduto così che l’investimento complessivo e probabile da oltre 40 milioni - 8,5 per il prestito fino a giugno, altri 25 per l’obbligo di riscatto pagabili in tre esercizi, più altri 3,1 milioni di oneri accessori e 5 di bonus - fin qui abbia fruttato appena 307 minuti in campo, con un impatto notevole in Champions (1 gol e 1 assist all’esordio) ma con la miseria di quattro partite di campionato, delle quali tre terminate 0-0. Il portoghese Conceiçao ha così sfruttato le sue ripetute indisponibilità, scavalcandolo nelle gerarchie. Alla Continassa conoscevano la storia clinica di Nico, un calciatore che non è nuovo a infortuni muscolari di vario genere. Nel triennio viola si è fermato otto volte. Questo, però, è il periodo più lungo di assenza da quando lavora in Italia. Solo una volta in carriera lasciò la sua squadra orfana per così tanto tempo: a fine marzo del 2021, quando giocava nello Stoccarda, si assentò per due mesi e mezzo a causa della fastidiosa rottura di una fibra muscolare. Oggi spera che questo incubo possa finire molto prima.