Danilo-Juve, tormenti e panchine: cosa sta succedendo

Il capitano del Brasile a Torino è una riserva. A maggio disse: «Io per sempre juventino», con Motta però ha giocato solo 5’ in tre partite
Giorgio Marota
4 min
Chi si chiede che fine abbia fatto Danilo potrà sintonizzarsi stanotte alle tre per vederlo giocare, con la fascia da capitano al braccio, nella delicatissima sfida di qualificazione ai prossimi Mondiali tra Brasile ed Ecuador. Un’immagine che a Torino era una piacevole abitudine e ora rischia di diventare un inedito. La Juve è stata in campo per 292 minuti in questo primo scorcio di Serie A (recuperi inclusi) e il giocatore che ha alzato al cielo l’ultimo trofeo bianconero, lo stesso uomo che alla vigilia di quella finale disse «sono juventino e lo sarò per sempre», ne ha disputati appena 5. Danilo non è stato epurato come Chiesa, Szczesny, Kostic e gli altri costretti ad allenarsi da separati in casa; con lui Motta non ha utilizzato il pugno duro perché considera il ragazzo nato nello stato del Minas Gerais una risorsa importante. Eppure, Danilo al momento non è più una priorità. Non lo è stato in questa prima parte di campionato e, se non cambiano le cose, faticherà a esserlo da qui in avanti visto il prossimo inserimento nelle rotazioni del nuovo acquisto Kalulu e il rendimento di altissimo livello di Gatti e Bremer, che hanno permesso alla Juve di chiudere le prime tre giornate senza incassare neppure una rete come non accadeva da dieci anni. 

Motta e le idee su Danilo 

«Non c’è nessun caso Danilo», continuano a ripetere un po’ tutti alla Continassa, dai compagni di squadra ai dirigenti della Juve, fino ad arrivare alle persone che lavorano con lo stesso Danilo. C’è da credere dunque che non ci sia stato alcuno scontro tra allenatore e calciatore, che non si sia verificata nessuna incomprensione, ma che il mancato utilizzo vada inquadrato nell’ottica di una legittima scelta tecnica. Il feeling tra due uomini che parlano la stessa lingua (il portoghese) però, evidentemente, non è ancora scattato. Motta ha sempre detto che gioca chi dimostra di essere più pronto, come confermano la fiducia nei giovani Savona e Mbangula, l’impiego di Locatelli rispetto a mister 51 milioni Douglas Luiz e la scelta di far partire dalla panchina in Juve-Roma i colpi più prestigiosi del mercato. Il leader carismatico della seconda Juve di Allegri, insomma, è retrocesso nelle gerarchie; Thiago le ha azzerate per creare concorrenza interna e far sentire tutti in discussione: sono passati da questo metodo - e ne sono usciti malissimo - Nzola a La Spezia e Arnautovic a Bologna.  

Juve, il futuro di Danilo

A questo punto, però, c’è da chiedersi se Danilo avrà un futuro nel nuovo e ambiziosissimo progetto. Il suo contratto scadrebbe a giugno, ma nell’accordo c’è una clausola che permette il rinnovo al 2026 (se entrambe le parti lo vogliono) al raggiungimento di almeno il 50% di presenze “qualificate”, cioè con un minutaggio oltre i 45’. Sgombriamo il campo da una ipotesi: non potrebbe mai esserci una strategia finalizzata a impiegare Danilo il meno possibile, perché da marzo 2023 (l’ultimo prolungamento) il difensore ha giocato così tanto da aver già fatto scattare l’opzione. Sentendosi messo in disparte proprio mentre la Seleçao si aggrappa al suo carisma per risorgere dalle ceneri di una Coppa America disastrosa, Danilo potrebbe anche decidere di proseguire altrove una carriera stellare vicinissima al traguardo delle 600 presenze. I tifosi hanno già offerto il loro parere spassionato: dopo Verona-Juve, mentre lui s’allenava sul campo del Bentegodi insieme agli altri calciatori non utilizzati, i 3.000 del settore ospiti lo hanno chiamato sotto la curva per un saluto colmo d’amore.  

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