Juve, il bullone e il cacciavite

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport-Stadio
Ivan Zazzaroni
4 min

La cruda verità è contenuta in una sola parola presente nel comunicato col quale la Juventus ha messo alla porta Massimiliano Allegri (trattasi di contestazione disciplinare che precede l’esonero). La parola è “incompatibilità”.

Fin dal primo momento, diciotto mesi fa, Max aveva capito di avere poco in comune con questa Juve; Juve alla quale era tornato nel 2021 per passione e ambizione. Il mondo gli era improvvisamente cambiato addosso, e in modo traumatico; ma lui, ostinato, pigro e ingenuo - sì, ingenuo - com’è, ha provato ad adattarsi a qualcosa e qualcuno che verosimilmente lo respingeva poiché aveva altre idee, altri obiettivi (in primis la sostenibilità economica, i conti a posto), un’altra storia e altri metodi: erano due entità incompatibili come il bullone e il cacciavite.

La gestione Elkann l’aveva ereditato, Allegri: c’era un contratto pesantissimo da onorare e almeno nei primi mesi la nuova dirigenza ha tentato di individuare il punto d’equilibrio per arrivare senza troppi danni alla fine della strada. Le cose però sono via via precipitate, i rapporti, già complicati, si sono logorati (anche per colpa di Allegri, per carità), qualche dispettuccio non è stato tollerato e la vicenda si è trascinata fino alla finale della coppa Italia dove Max ha presentato la miglior Juve della stagione e vinto, ma poi ha servito alla società l’occasione per farla finita.

Nella lettera consegnata al tecnico sono elencati i 5 motivi che hanno indotto la proprietà ad anticipare di una decina di giorni l’addio: irrilevante, a mio avviso, è l’atteggiamento tenuto nei confronti del quarto uomo, situazione che purtroppo si verifica in tutti i campi del mondo con una frequenza e toni poco edificanti; la distruzione del materiale fotografico di LaPresse poteva essere risolta con un risarcimento che l’agenzia non ha peraltro preteso; le incomprensioni (eufemismo) con il direttore Giuntoli erano evidenti da mesi e mercoledì notte qualche parola di troppo è sfuggita; il gelo nei confronti del presidente e dell’ad Max avrebbe dovuto evitarlo: tanto a Ferrero quanto a Scanavino nessuno aveva però fatto sapere che nei minuti che seguono il fischio finale Allegri è la persona meno avvicinabile del mondo: scarica la tensione con termini non proprio urbani, alla livornese tutto istinto (che non giustifico ma comprendo). Ne sanno qualcosa - casi recenti - Baccin e Marotta dell’Inter, Ibra e la responsabile della comunicazione del Milan, con la quale l’allenatore si è peraltro scusato.

Dove Allegri ha effettivamente sbagliato di brutto è stato nell’aggredire verbalmente il direttore di Tuttosport, episodio del quale si è in seguito pentito e vergognato. E che ieri ha chiuso con un abbraccio e “‘o perdono”.

Sospendendo Allegri, la società ha voluto tutelare la propria immagine e i propri interessi. E conoscendo uno dei massimi dirigenti, non credo che c’entrino i soldi: il calcio è una bugia e un brutto mondo, ha un linguaggio e modi poco tollerabili da chi non lo frequenta abitualmente. Certo, la non compatibilità con i valori della Juve e i comportamenti di chi la rappresenta risulta paradossale se riferita a chi in otto anni ha portato cinque scudetti, altrettante coppe Italia, due finali di Champions e due Supercoppe Italia.

Ma questa è un’altra Juve e va considerata e rispettata la linea del taglio col passato.


© RIPRODUZIONE RISERVATA