Juve, il meglio deve arrivare

Leggi il commento al momento dei bianconeri dopo il succrsso in Coppa Italia
Xavier Jacobelli

Come un uragano, la Juve si è abbattuta sul Frosinone e non gli ha lasciato scampo, guadagnando la semifinale con la Lazio e celebrando degnamente le 400 panchine di Allegri, ora sul podio bianconero dietro a LIppi (405) e Trapattoni (596). Peraltro, se la Juve è primatista di Coppe Italia (ne ha vinte quattordici), Max lo è in quanto unico allenatore ad averne conquistate quattro di fila con la stessa squadra. Allo Stadium non c’è mai stata partita e lo si è capito subito. Contrariamente a quanto furono clamorosamente capaci di fare al Maradona, dove eliminarono il Napoli rifilandogli quattro gol, stavolta il poker l’hanno subito i ciociari. Milik non segnava da tre mesi, di reti all’attivo ne aveva soltanto 2 in 19 partite, ma in 50 minuti ha triplicato il suo bottino stagionale, martellando la terza difesa peggiore del campionato (34 gol al passivo in 19 giornate). Di più: per ritrovare la prima e ultima tripletta del polacco con una squadra italiana, bisogna risalire a quattro anni fa, quando Arek con la maglia del Napoli fulminò il Genk e il tris fu ancora più rapido. Se Allegri voleva avere una conferma di quanto la Juve scoppi di salute, la Coppa Italia gliel’ha data in misura abbondante.


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Juve, i numeri del rilancio

Dalla lontana sconfitta patita il 23 settembre a Reggio Emilia con il Sassuolo, i bianconeri non hanno più perso: quattro mesi vissuti senza fiato, scanditi dal duello tricolore con l’Inter che, avanti di questo passo, durerà fino alla fine, come prescrive il motto della casa. La verità è che anche la goleada con il Frosinone segna un altro punto a favore della rifondazione allegriana di una squadra: questa, corto o lungo muso che abbia, è tutta un’altra cosa rispetto alla raffazzonata parente vista in azione nella passata stagione, tormentata e tormentosa dentro e fuori dal campo. I giovani cresciuti nella Next Gen hanno trasformato la Juve in Max Gen, e lo Stadium ne è il fortino (a parte il pareggio con il Bologna, in casa la squadra ha raccolto solo vittorie). Kenan Yildiz, ancora a segno, è il simbolo del nuovo corso: ha soltanto 18 anni, il ragazzo nato a Ratisbona, ma possiede classe e talento da vendere. Lui ha sigillato la partita con un guizzo degno del repertorio di «uno che farà molta strada» (cit. Montella, ct Turchia). Lui ha chiuso il discorso, alla 16ª gara utile di fila, 13 vittorie e 3 pareggi fra campionato e Coppa Italia. E il meglio deve ancora venire.


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Come un uragano, la Juve si è abbattuta sul Frosinone e non gli ha lasciato scampo, guadagnando la semifinale con la Lazio e celebrando degnamente le 400 panchine di Allegri, ora sul podio bianconero dietro a LIppi (405) e Trapattoni (596). Peraltro, se la Juve è primatista di Coppe Italia (ne ha vinte quattordici), Max lo è in quanto unico allenatore ad averne conquistate quattro di fila con la stessa squadra. Allo Stadium non c’è mai stata partita e lo si è capito subito. Contrariamente a quanto furono clamorosamente capaci di fare al Maradona, dove eliminarono il Napoli rifilandogli quattro gol, stavolta il poker l’hanno subito i ciociari. Milik non segnava da tre mesi, di reti all’attivo ne aveva soltanto 2 in 19 partite, ma in 50 minuti ha triplicato il suo bottino stagionale, martellando la terza difesa peggiore del campionato (34 gol al passivo in 19 giornate). Di più: per ritrovare la prima e ultima tripletta del polacco con una squadra italiana, bisogna risalire a quattro anni fa, quando Arek con la maglia del Napoli fulminò il Genk e il tris fu ancora più rapido. Se Allegri voleva avere una conferma di quanto la Juve scoppi di salute, la Coppa Italia gliel’ha data in misura abbondante.


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