Danilo esclusivo: "Allegri e Guardiola a pari punti"

Primo capitano (fisso) brasiliano della storia juventina, ha un rapporto speciale con il tecnico e capacità di analisi fuori dal comune
Ivan Zazzaroni
8 min

Danilo risponde su tutto, non evita un solo tema, un solo argomento. Si esprime su tattica, allenatori, compagni, psicologia (la sua passione), razzismo, Bonucci, Pogba, Ancelotti, Ronaldo. Lo fa in un ottimo italiano: possiede un vocabolario ricco, di molte letture. Ha i caratteri del leader naturale, peraltro immediatamente individuati: a 22 anni era già il capitano del Porto. "Abbiamo l’obbligo morale di essere responsabili delle nostre azioni e anche delle nostre parole e persino dei nostri silenzi": se non l’avesse preceduto lo scrittore e saggista cileno Roberto Bolaño, lo stesso concetto l’avrebbe certamente sviluppato lui, che è anche il primo capitano (fisso) brasiliano della storia juventina: Alex Sandro lo fu occasionalmente in coppa, a Vila-real.

L'intervista a Danilo

Danilo, sei stato allenato, in ordine d’importanza - graduatoria strettamente personale -, da Guardiola, Allegri, Zidane, Sarri, Benitez, Lopetegui, Fonseca, Muricy Ramalho, un’istituzione in Brasile, Vitor Pereira e Pirlo. Andrea lo metto per ultimo soltanto perché ha appena cominciato.

"Ad Andrea farei scalare qualche posizione. Con lui ho vissuto una stagione formativa, per me è stato molto importante. Mi ha fatto crescere dandomi un ruolo che era tanti ruoli e insegnandomi a trovare sempre la posizione giusta in rapporto ai vari momenti della partita. Guardiola e Max, per me, sono primi a pari punti".

Pur se molto diversi.

"Guardiola è per un calcio più posizionale, anche con lui ho giocato in più ruoli. A destra, al centro, a sinistra, in mezzo al campo. Dalla squadra pretende il controllo della partita in ogni momento, dà indicazioni precise, concede qualche libertà esclusivamente agli attaccanti".

Tanti ruoli li ricopri anche con Allegri.

"Sono un centrocampista prestato alla difesa, in origine lo ero a tutti gli effetti. Con Max condivido moltissime cose, è leale, diretto, pochi giri di parole, e sa anche tornare sui suoi passi. Il nostro è un rapporto talmente franco da sfiorare la complicità".

È un semplificatore dichiarato.

"Ti dice: se con tre passaggi riesco ad arrivare in porta, perché devo impiegarne cinquanta? Max vuole soprattutto vincere. Se nel calcio non vinci non ti diverti e non diverti. È pratico, concreto. Se sono arrivato a questi livelli lo devo agli ultimi due anni con lui. Insiste molto sull’aspetto mentale, sulla libertà di espressione nel rispetto di certi codici tattici, e punta sui movimenti... Anch’io cerco ogni giorno di trasferire ai compagni quelle che sono le basi della mentalità vincente".

Porto, Real, City, Juventus: non ti sei fatto mancare niente, sul piano delle pressioni e degli obblighi. Giorni fa Ettore Messina, 33 titoli nel basket, mi ha ricordato una frase di Jorge Valdano relativa proprio all’esperienza al Real: "Al Madrid ganar es un alivio, vincere è un sollievo".

(Sorride) "È così. Considero un privilegio il fatto di essere sempre stato sottoposto a questo genere di pressioni".

Messina ha anche smontato un luogo comune, quello che vuole gli allenamenti più importanti della partita.

"Ci sono giorni in cui in allenamento non vinco un contrasto. Posso essere stanco di testa, o di gambe, non so. Ma quando vedo quella maglia qualcosa dentro di me succede. Provo sensazioni fortissime. Il motore si accende all’istante. È una questione di responsabilità individuali e collettive. Ci sono momenti in cui guardo la fascia al mio braccio e avverto uno stimolo in più. La partita è il mio vizio".

Nelle prime tre giornate hai messo insieme numeri impressionanti, come difensore: 215 passaggi riusciti e 50 passaggi progressivi, il migliore del campionato.

"Anche la ricerca della precisione è una responsabilità".

Come ti poni di fronte al caso Bonucci? Chiudere dopo esperienze così intense e lunghe è sempre complicato: ho portato gli esempi facili di Maldini al Milan e Totti alla Roma.

"Solo casualità, non si possono fare paragoni. Sono storie, caratteri e realtà differenti. Io...".

Tu?

"Io voglio che la decisione di smettere sia mia e soltanto mia, spero di poterlo fare tanto con il club quanto con la Nazionale. So che nel calcio possono intervenire altri fattori, gli imprevisti, ma so anche che farò il possibile per avere il pieno controllo di quel momento, anticipandolo".

Giocare insieme a Ronaldo com’è stato?

"Cristiano è uno che studia, non si concentra soltanto sulla tecnica. Si interessa dell’aspetto mentale, dell’alimentazione. L’obiettivo finale è certamente la prestazione, la cura che lui mette in tutte le cose e nella preparazione è formidabile".

Da tempo la società e la squadra non conoscono la serenità. L’ultimo incidente, in ordine di tempo, la positività di Pogba.

"Sono dispiaciuto per quello che sta capitando a Paul. L’avevo visto molto più presente, la testa giusta. Gli sono sempre stato vicino, tante volte l’ho invitato a non mollare, a spingere e spingersi oltre. Non lo abbandono proprio adesso... Devo dire che qui alla Juve non mi sono fatto mancare nulla, dopo sei mesi il Covid, poi i problemi societari, adesso i guai di Paul. Speravo in una stagione più lineare". (Chiude la frase con un sorriso).

Per Vlahovic è un anno importante: dopo un’estate per lui particolare, ora deve riprendersi anche il posto in nazionale, Mitrovic l’ha sorpassato.

"È molto giovane, ha avuto alti e bassi, ma fa parte del giusto percorso di crescita. Si mette addosso molte pressioni, deve imparare a gestirle. Se ci riuscirà diventerà uno dei migliori centravanti europei".

E Chiesa?

"Uno dei talenti più importanti dell’Italia, ha bisogno di essere coccolato, si può dire coccolato?".

Certo.

"Ha grande tecnica, ma deve imparare a competere in ogni istante. Ti porto l’esempio di Foden, altro talento, lui è uno che non si concede pause, è sempre in tiro. Federico deve arrivare al suo livello con la testa".

Del Brasile sei un titolare irremovibile, presto conoscerai Ancelotti.

"In Brasile conta l’immediato. Diniz è giovane, lasciamolo tranquillo, davanti a noi ci sono le partite di qualificazione al Mondiale, e non sono semplici".

Il razzismo si combatte con la cultura: è una delle tue certezze.

"Con la cultura, la responsabilità e la chiarezza. I giri di parole e l’indignazione di un momento non servono. Quando la scorsa stagione ci fu il caso Lukaku, pubblicai un post del quale ancora mi pento. Generico, solo riferimenti banali, niente nomi. Mi sarei dovuto esprimere diversamente".

La tua fondazione si chiama “A voz futura” e si occupa di garantire un percoso di studi ai bambini del Paese.

"Molti giovanissimi non hanno nemmeno la possibilità di avvicinarsi alla scuola. Solo la cultura li può rendere davvero liberi".


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