Ho sempre faticato a capire le poche azioni e le numerose omissioni dell’Associazione Calciatori di Damiano Tommasi, da oltre un anno sindaco di Verona. Devo tuttavia ammettere che quelle del suo successore Umberto Calcagno riescono addirittura a superarle per incomprensibilità e goffaggine. Ieri abbiamo registrato l’ira del sindacato, disturbato - meglio: sconvolto - dal trattamento riservato dalla Nuova Juve a Bonucci («calpestata la sua dignità; Juve, reintegralo subito», questa la sintesi), un intervento pubblico che sono convinto abbia infastidito lo stesso Leonardo. Vorrei in primo luogo ricordare che l’azione sindacale dovrebbe essere sostenuta nelle sedi opportune, non solo con iniziative di facciata, il cui effetto è arrecare ulteriore discredito ai calciatori, agli allenatori e anche agli agenti. Un sindacato che si sarebbe dovuto incatenare davanti ai cancelli del ministero nel tentativo di ostacolare l’applicazione del Decreto Crescita, beneficio fiscale che penalizza terribilmente calciatori e allenatori italiani; un sindacato che non ha fatto ancora nulla per aiutare i giocatori della Reggina, destinati - non per colpa loro - a scendere tra i Dilettanti; un sindacato che si sveglia e agita per un campione che di tutele sindacali , per la sua posizione e forza contrattuale, non ha bisogno, è un non-sindacato. L’Aic si preoccupi quindi di tornare alla sua funzione essenziale: rappresentare anche e soprattutto i soggetti più deboli, quelli privi di strumenti efficaci. Uno come Leo Bonucci non ha bisogno di protezioni speciali, di campagne mediatiche: può cavarsela da solo.