Fra le domande del campionato che m’assillano - e cominceranno ad aver risposta già dalla prossima domenica - ce n’è una particolarmente insistente, avanzata in presenza, in voce o in mail da persone di ceto diverso unite da un’unica sviscerata passione: “Scusi, cosa farebbe lei se dirigesse la Juventus?”. No, non vogliono sapere - come usava un tempo - quale sarà la formazione prescelta, come giocherà, chi godrà del prestigio di indirizzarla sul campo - capitano, mio capitano - agli ordini di Allegri. Appena celebrato - non festeggiato - il centenario degli Agnelli, facendo sparire l’ultimo degli Agnelli, restano interrogativi insoluti (Lukaku o Vlahovic?); angoscia umanissima (come sta Chiesa? È vero ch’è depresso?); vocazioni contraddette (Fagioli, Miretti, Iling Junior, Soulé, Barrenechea, De Winter, Ranocchia, Cambiaso, Nicolussi Caviglia, sarà forse Giuventus - come diceva Omar, creando un nomen omen). E ancora permanente inquietudine per i processi passati, quelli futuri; per l’archiviazione polemica di fatti e nomi che rinnovano vecchi dolori, come quello di Bonucci, ultimo portatore di uno stile che aveva cancellato lo stile Boniperti: è giusto - mi chiedono - sciacquare i panni sporchi in Po come se fosse il famigerato caso delle corna piemontarde che arricchiscono le cronache gossipare? Torneranno le battutacce di Martina, sua moglie, che indispettirono gli ultrà o il gesto di Leonardo a Villar Perosa quando regalò la sua maglia a Beppe Furino chiamandolo “monumento juventino”, probabilmente aspirando alla storica successione, da capitano a capitano? Bene, io tutto questo l’arderei, come diceva l’Angiolieri, veemente polemista al tempo di Dante; s’io fossi Cecco di un decennio terrei solo scudetti e tutto il resto lo manderei al rogo.
La "Juve dei commercialisti" di Elkann
A cominciare - se si ha memoria - da quell’infausto e farsesco esame d’Italiano affrontato da Luis Suarez a Perugia nel settembre di tre anni fa. Se ci pensate, tutto è cominciato di lì: lo smottamento di un mondo sorretto da ricchezza, abilità, competenza, prestigio, tradizionale potenza e amore senza fine come propone spesso il mistero del calcio. Alla ricerca di un titolo che illustrasse adeguatamente il nuovo status della Signora ho parlato di una “Juventus dei commercialisti”, ché questa è stata la scelta di John Elkann. Può sembrare il trionfo dell’aridità finanziaria, del cinismo contabile, della fantasia castigata, dell’immaginazione vietata; eppure proprio da uno staff invitato a restituire alla Juventus la storica solidità può rinascere l’odiamata Giuventus. E infatti ricordo che Edoardo Agnelli ereditò nel 1923 una Juve risanata dal presidente Gino Olivetti, laureato in giurisprudenza, studioso dell’associazionismo imprenditoriale e delle relazioni industriali, abile avvocato e politico di vaglia che pur seppe donare alla Signora uno stadio di proprietà e una maglia azzurra. Sarà l’anno Centouno. Quello della caricaaaa.