Juve, uscire dalla Borsa soluzione giusta ma difficilissima

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Juve, uscire dalla Borsa soluzione giusta ma difficilissima© ANSA
Alessandro F. Giudice
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TORINO - Le voci su improbabili progetti di delisting della Juve evocano una mossa che sarebbe molto sensata in teoria, assai difficile nella pratica. La borsa non si addice alle società di calcio: lo dice la logica e lo conferma la storia perché in Serie A la quotazione non ha avuto fortuna. Lazio, Roma e Juve la intrapresero in epoche lontane ma le prestazioni sono state disastrose seppure con diverse, altalenanti vicende e la Roma ha completato da poco un faticoso delisting. Il business calcistico è troppo incerto per il mercato finanziario che vuole stabilità e prevedibilità dei risultati per formare prezzi ancorati al valore. Alle risorse raccolte tra gli investitori bisogna dare rendimenti soddisfacenti ma il calcio non si è rivelato un business redditizio se non, negli ultimi anni, per chi sa gestirlo professionalmente contando su brand capaci di generare ricavi extracalcistici robusti. In generale, l’incertezza è nemica dell’investimento e se un business ha risultati incerti il mercato applica un premio per il rischio, penalizzando i prezzi azionari. Esplosa in Inghilterra negli Anni ’80, la moda della quotazione tramontò subito e non ha trovato seguaci in Italia dove i club producono perdite senza investire quasi mai in asset fisici, come lo stadio, capaci di dare prospettiva. Prendiamo la Juve: dalla quotazione (2001) ha raccolto dagli azionisti quasi un miliardo in 4 aumenti di capitale: quasi mai per finanziare la crescita, spesso a copertura di perdite. Il valore di mercato è cresciuto, poi si è ridimensionato per azzerarsi (quasi) nel 2007 e nel 2011 fino a toccare, nel 2019, la quota stellare di 1,7 miliardi. Dal Covid è iniziata una discesa agli attuali 700 milioni. Il delisting avrebbe senso perché la Juve non avrebbe i lacci imposti dalla quotazione. La vicenda da cui è investita non sarebbe neppure partita senza la Consob. Exor avrebbe potuto sostenere da sola gli aumenti di capitale senza chiedere ai piccoli azionisti sforzi giustificabili solo con l’amore da tifosi. Il calcio non si rivolge a un mercato finanziario trasparente, in grado di misurare il valore, gli azionisti sono tifosi per cui le azioni valgono come gadget o abbonamenti allo stadio. Molti si sentono onorati di partecipare all’assemblea con la hostess che consegna cartellina e biro con logo del club e rivolgere domande al presidente, spesso scollegate da aspetti societari o finanziari. Perciò delistare la Juve sarà difficile. Ne sanno qualcosa i Friedkin, che hanno sudato oltre un anno per rastrellare un flottante di importo molto più modesto. Oggi un delisting costerebbe a Exor almeno 300 milioni: a prezzi correnti il flottante da ricomprare ne vale circa 230 e un’OPA (offerta pubblica di acquisto) normalmente richiede un premio del 20-25% rispetto ai prezzi di mercato. Nel caso di un club spesso neppure basta, perché i tifosi non vogliono privarsi delle azioni e si deve supplire con incentivi per tifosi: gadget, scontistica, esperienze allo stadio o al campo di allenamento, maglie autografate. Storicamente in Italia non va a segno il 70% delle Opa e nulla fa pensare che per la Juve sarebbe meglio ma ci sarebbe un fronte interno: Exor è quotata e nel suo portafoglio la Juve non è una storia di successo. Non sarebbe banale giustificare uno sforzo ulteriore solo per aumentare la quota in un investimento poco remunerativo e forse una cessione potrebbe almeno indorare la pillola. Ecco perché, paradossalmente, lanciare un’Opa sulla Juve sarebbe più facile per un acquirente che per la controllante. Spesso chi acquisisce una società negozia il prezzo con l’azionista di controllo ma la normativa lo obbliga a offrire anche ai piccoli azionisti le stesse condizioni negoziate col venditore. Quindi sarebbe obbligatoria un’Opa residuale ma per il delisting bisogna raggiungere il 90%. In caso di insuccesso scatterebbe l’obbligo (con relativi costi) di ricostituire il flottante. In altri casi, il delisting può avvenire tramite una fusione, incorporando la società quotata in un veicolo non quotato, ma occorre garantire agli azionisti dissenzienti il diritto di recesso. Strade complicate perché uscire dalla borsa è più difficile che entrarvi. La soluzione, per la Juve, sarebbe giusta ma tremendamente difficile. 


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