Vasco Rossi non pensava di sicuro a Leonardo Bonucci e a Massimiliano Allegri o a Leonardo Bonucci e ai tifosi della Juventus quando ha composto uno dei versi più belli e citati della canzone italiana e cioè “la vita è un brivido che vola via, è tutt’un equilibrio sopra la follia”. Però, togliamo “vita” e mettiamo “calcio” e ogni dettaglio combacia alla perfezione. Compresi i rapporti tra allenatore e difensore che, ora più che mai, sono incredibilmente arroventati. Di nuovo, potremmo dire, con i tifosi della Juventus che li scaldano ancora di più. Se fossimo in politica, e in fondo il calcio ne è un proseguimento, definiremmo Bonucci “divisivo”. Suo malgrado, naturalmente, perché non è che lo possiamo accusare di nulla se non di essere lui, pregi e difetti. Come tutti. E gli altri idem, con annessi e connessi. Nessuno può alzare la prima pietra.
Di sicuro, da quando è alla Juventus (2010, con la parentesi al Milan 2017-18) i suoi rapporti con curva e panchina sono altalenanti, per usare un eufemismo. Nel 2011 Conte ne prese le difese perché dopo la disastrosa stagione 2010-2011 divenne uno dei principali imputati. VotAntonio aveva visto giusto, di lì a poco la BBC si insediò e con lei il potentato bianconero dei nove anni. Su e giù. Leo Bonucci, partito per la Nazionale accompagnato dalla sentenza lapidaria della curva, “mai stato un leader e mai lo sarà”, e dalla panchina di Monza “per scelta tecnica”, cioè perché aveva pronunciato una parola di troppo, seppur veritiera ("Sono un paio di stagioni che viviamo le partite su montagne russe. Questo non deve e non può accadere"), torna rigenerato dall’azzurro, proponendosi nuovamente come “bronzo” della retroguardia bianconera. A Monza, senza di lui, sostituito da un frastornato Federico Gatti, la Juventus ha subito la prima sconfitta in campionato, la seconda consecutiva dopo il tonfo con il Benfica in Champions League. La Nazionale manciniana e il modulo a tre, restituiscono alla Juventus un Bonucci in forma brillante, convinto e più leader che mai. A proposito di equilibrismi sopra la follia del calcio. Non solo, in questa sua ripresa delle migliori caratteristiche personali, ecco la ricomparsa di quelle tecniche, con il lancio lungo “bonuncciano” con cui ha innescato Raspadori in occasione del gol-partita con l’Inghilterra.
Insomma come lasciarlo fuori? Come regalargli un altro sgabello come quello di Oporto il 22 febbraio 2017? Un’immagine indimenticabile. Mentre la Juventus batteva il Porto 2-0 (Dani Alves e Pjaca) avviando la corsa che l’avrebbe portata alla finale di Champions League con il Real Madrid, lui se ne stava in tribuna, ma neanche sulle poltroncine, su uno sgabello, anche allora per “scelta tecnica” dopo un litigio pubblico con Max Allegri. A fine stagione se ne sarebbe andato al Milan. "Con lui - disse del tecnico livornese al momento dell’addio - non ho avuto alcun problema. Poi, è ovvio che alcune situazioni portano delle conseguenze e ognuno si prende le proprie responsabilità". Pareva la fine di una storia, invece, alé, altro giro di giostra, perché dopo un anno di esilio a San Siro, che allora non trasmetteva ancora sensazioni positive come in questi ultimi due anni, rieccolo alla Juventus nel progetto Ronaldo. Al quale ha resistito. Poi se n’è andato Allegri e quando è tornato, un anno fa, sono ricomparsi di nuovo gli spigoli tra i due, quando Max affermò che dopo Chiellini il vice-capitano sarebbe stato Dybala. Neanche un anno dopo nuovo cambio di rotta con l’annuncio che Bonucci avrebbe avuto la fascia per l’anno sociale 2022-23.
E ora, altro momento conflittuale. Vero, ma domenica 2 ottobre alle 20.45, ora dell’Allianz Stadium arriva il Bologna e la risposta bianconera può essere solo una, dopo queste settimane tormentate, tra disavanzi tecnici ed economici. “Vincere è l’unica cosa che conta”. Ora più che mai. E come si fa a lasciar fuori questo Bonucci che, oltretutto, dell’ideologia bianconera, è uno dei massimi propugnatori? Difficile. Ed è probabile che Allegri adegui al “rigenerato” anche il modulo, cioè la difesa a tre. Perché Super Max è conflittuale ma anche pragmatico. Si arrabbia ma poi gli passa e non lascia certo fuori chi può tornargli utile. Sempre per stare in tema, sarebbe una follia.