Pirlo alla Juve, una storia relativamente inattesa: i tempi cambiano gli snodi chiave di un’esistenza e di una carriera. «Ho avuto culo».
Prego, Galliani?
«Andrea l’ho appena sentito al telefono, rideva come un matto».
E come non potrebbe? Prima esperienza da allenatore, alla Juventus.
«Non solo per quello, anche per quello. C’eravamo visti a Monzello il 5 agosto per l’amichevole del Monza con l’Under 19 della Juve e gli avevo detto “vedrai, Andrea, che farai una grande carriera, sei destinato ad avere successo anche come tecnico". Ma non pensavo che potesse impiegare solo tre giorni per arrivare alla panchina della Juve. Immaginavo, che so, tra qualche mese (sorride, nda). Mentre glielo ricordavo lui rideva. Troppo forte, Andrea».
Un predestinato sui generis, visto che proprio lui confessò «non punterei nemmeno un centesimo su un mio futuro da allenatore. È un lavoro che non mi entusiasma, prevede troppi pensieri».
«Mi creda, si capiva già allora. Era allenatore quando giocava, e il campo non tradisce. Se dovessi definire Andrea con una sola parola direi intelligente».
Sprizza intelligenza da tutti i pori.
«... sprizza intelligenza da tutti i pori». Galliani si interrompe, ci pensa su: «No, scriva intelligente, l’aggettivo lo riassume alla perfezione. E poi era uno che studiava, Andrea studiava. L’avversario, il contesto, le situazioni. Un altro che studiava come un matto è Pippo. Al punto che quando devo prendere un giocatore il primo che chiamo è lui. Mi faccio fare una relazione».
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