Inter, cosa sta succedendo: i quattro segnali di allarme dopo la Supercoppa

Squadra stanca e penalizzata dalle assenze forzate, paga l'età media piuttosto avanzata
Pietro Guadagno

Quella nerazzurra resta una corazzata. Che, però, mostra alcuni scricchiolii. Intendiamoci, la Supercoppa era solo il primo trofeo della stagione e non averla vinta non compromette nulla, perché nel mirino ci sono bersagli ben più grossi. Tuttavia, il derby di Riyad, ha lanciato alcuni segnali, o meglio degli avvertimenti, che è obbligatorio raccogliere e farne tesoro. L’Inter, infatti, in questo momento, è una squadra stanca e penalizzata da acciacchi e infortuni. Paga, forse, un’età media piuttosto avanzata, tanto che per la prossima estate è già stato messo in cantiere un ringiovanimento. In queste condizioni diventa più complicato tradurre in campo la propria forza. Spesso occorre gestire e amministrare le partite, invece di aggredirle. Il rischio, però, è che giocare a piena intensità magari solo per 60’ invece di 90 possa non bastare: in particolare negli scontri diretti. Proprio per permettere ai suoi uomini di riprendersi e di rifiatare, Inzaghi ha concesso loro 2 giorni di riposo. Una reazione, però è obbligatoria, a cominciare dalla trasferta di domenica a Venezia, per proseguire nel recupero con il Bologna. Il gruppo è forte, solido e unito. Al suo interno possiede tutte le risorse per ripartire al meglio. Lautaro e Barella, capitano e vice, già a Riyad, hanno provveduto a suonare la carica per un’immediata ripresa. Ma ora serve qualcosa di più.

 


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Infortuni, sono già quasi il doppio rispetto alla passata stagione

Un anno fa, nell’infermeria non c’era nemmeno bisogno di accendere la luce. In questa prima metà di stagione, invece, non è mai stata vuota. Tralasciando operazioni, infortuni traumatici forme influenzali varie, da inizio preparazione, sono stati ben 11 i guai muscolari con stop dai 7 giorni in su altri e 8 quelli sotto la settimana. Siamo circa al doppio rispetto all’annata passata quando erano stati, rispettivamente, 6 e 3. Chiaro la stagione è più intensa. E buona parte degli uomini di Inzaghi non solo sono in nazionale, ma sono anche titolari nelle proprie rappresentative. Insomma, giocano tanto. E quando è così è più facile che si facciano male. Inoltre, non aiuta il chilometraggio avanzato di buona parte della rosa, che obbliga ad una gestione più accurata e, in caso di infortunio, a maggiore cautela e a recuperi più lunghi. Se poi, come accaduto nelle ultime settimane con la difesa, i guai si concentrano in un reparto, chi è sano è costretto a giocare sempre e finisce per stancarsi, o per farsi male a sua volta. Peraltro, il dato sugli infortuni andrà aggiornato. Da Riyad, infatti, l’Inter è tornata con i cerotti, Al momento, sono previsti esami per Correa. Mentre oggi si capiranno meglio le condizioni di Calhanoglu (a Venezia comunque non ci sarà), De Vrij (crampi) e forse pure Bisseck.

 


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Big match, maggiore difficoltà a interpretare gli scontri diretti

 

Allergia agli scontri diretti. E’ quella che ha fatto vedere l’Inter in questa (quasi) prima metà di stagione. Sembrava fosse guarita dopo lo spettacolare 6-0 rifilato alla Lazio e il 2-0 all’Atalanta, bis del 4-0 rifilato agli stessi bergamaschi lo scorso agosto. Invece, il secondo schiaffo rifilato dal Diavolo ha fatto nuovamente precipitare la situazione. Perché l’andamento della gara ha ricalcato per diversi tratti quello del primo derby, perso sempre negli ultimi minuti. In mezzo, ci sono stati i pareggi con Juventus e Napoli: il primo rocambolesco, considerando la doppia rimonta dei bianconeri, più lineare il secondo. A differenza delle sfide con il Diavolo, sia contro Thiago Motta sia contro Conte, però, l’Inter aveva dimostrato la sua forza e avrebbe meritato i 3 punti. Non averli portati a casa, dunque, è una colpa. E dimostra come, rispetto ad un anno fa, Lautaro e compagni stiano facendo più fatica a interpretare i big-match. Non riescono a trasportare in campo tutto il proprio potenziale. Manca sempre qualcosa e, di conseguenza, anche il risultato pieno. Non è così in Champions, basti pensare al pari in casa del Manchester City e al successo sull’Arsenal. In quelle sfide, però, i nerazzurri ebbero un atteggiamento più coperto: atteggiamento che in Italia non si possono permettere.

 


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Finali da incubo, oltre la metà dei gol incassati negli ultimi minuti

 

L’Inter ha perso la Supercoppa a causa di altre 2 reti incassate negli ultimi 10’ più recupero. Ma l’aspetto più preoccupante è che ora sono diventate 10 da inizio stagione, su un totale di 19: insomma, oltre il 50%. E questi finali da incubo, alla squadra nerazzurra sono costati ben 5 punti in campionato e un altro in Champions, più, appunto, la Supercoppa. Davanti a certi numeri diventa difficile e, soprattutto, riduttivo parlare di semplice casualità. Evidentemente c’è un problema di tenuta, sia fisica sia mentale, visto che i due aspetti sono sempre strettamente collegati. Insomma, a fine gara, l’Inter va spesso in apnea, perdendo lucidità nella lettura e nella gestione delle situazioni. Un anno fa accadeva l’esatto opposto. Perché non solo era un’impresa anche solo segnare un gol ai nerazzurri. Ma nell’ultimo quarto d’ora era sostanzialmente impossibile. La verità è che adesso c’è una squadra più stanca che fatica a gestire gli impegni ravvicinati. E allora chissà che, forse, ruotando qualche elemento in più nelle ultime settimane si sarebbe presentata una squadra più fresca e, di conseguenza più attenta nell’evitare la rimonta del Diavolo.

 


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Approccio sbagliato, partenze lente e meno aggressività

 

C’era una volta un’Inter che aggrediva le partite, azzannava l’avversario sin dal 1' e, spesso e volentieri, sbloccava pure il risultato, indirizzando la gara. Quest’anno, invece, è più facile trovare una squadra che parte lenta, che studia l’avversario e che attende di carburare bene prima di affondare il primo colpo. Spesso, questo atteggiamento si traduce in un ritmo eccessivamente basso, tra corsa e, soprattutto, rapidità nel giro palla. Tanto che Inzaghi finisce per sgolarsi. Il dubbio è che i nerazzurri facciano fatica ad essere intensi per tutti i 90’ e che in qualche maniera provino a gestirsi, bilanciando i momenti dentro la partita. A rafforzare questa analisi ci sono i numeri. Perché, esiste una vera e propria zona-Inter dentro le partite. Ma è quella che va dall’ultimo quarto d’ora del primo tempo al primo della ripresa. In quei 30’, Lautaro è compagni hanno segnato ben 27 reti (12 più 15), rispetto alle 58 complessive. E in quell’intervallo, in genere, si prendono le gare e quasi sempre se le portano a casa. Perché le accelerazioni che sono in grado di imprimere sono quasi sempre micidiali. Capita, però, che non siano sufficienti. Era accaduto con la Juventus, quando l’Inter, in vantaggio per 4-2, si fece riprendere sul 4-4. E si è ripetuto, in maniera più dolorosa, contro il Milan.

 

 

 


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Quella nerazzurra resta una corazzata. Che, però, mostra alcuni scricchiolii. Intendiamoci, la Supercoppa era solo il primo trofeo della stagione e non averla vinta non compromette nulla, perché nel mirino ci sono bersagli ben più grossi. Tuttavia, il derby di Riyad, ha lanciato alcuni segnali, o meglio degli avvertimenti, che è obbligatorio raccogliere e farne tesoro. L’Inter, infatti, in questo momento, è una squadra stanca e penalizzata da acciacchi e infortuni. Paga, forse, un’età media piuttosto avanzata, tanto che per la prossima estate è già stato messo in cantiere un ringiovanimento. In queste condizioni diventa più complicato tradurre in campo la propria forza. Spesso occorre gestire e amministrare le partite, invece di aggredirle. Il rischio, però, è che giocare a piena intensità magari solo per 60’ invece di 90 possa non bastare: in particolare negli scontri diretti. Proprio per permettere ai suoi uomini di riprendersi e di rifiatare, Inzaghi ha concesso loro 2 giorni di riposo. Una reazione, però è obbligatoria, a cominciare dalla trasferta di domenica a Venezia, per proseguire nel recupero con il Bologna. Il gruppo è forte, solido e unito. Al suo interno possiede tutte le risorse per ripartire al meglio. Lautaro e Barella, capitano e vice, già a Riyad, hanno provveduto a suonare la carica per un’immediata ripresa. Ma ora serve qualcosa di più.

 


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