Se la notte di Istanbul ha radicato nei ragazzi di Inzaghi la consapevolezza di essere cresciuti anche a livello internazionale e di poter vincere giocando quel tipo di calcio, l’incubo vissuto a Bologna due anni fa è una lezione che l’Inter ha imparato e ha metabolizzato, traducendo i buoni propositi in un monologo durato quasi ininterrottamente dalla prima curva di questo campionato. Quando saremo arrivati all’ultimo atto di questo torneo, i campioni saranno stati al primo posto per trentasei giornate su trentotto, una leadership di fatto mai messa realmente in discussione. A oggi l’Inter è a +17 sul Milan, ed è il margine che vale la festa di ieri notte, a +22 sulla Juve e addirittura a +37 sul Napoli campione del 2023 che è sparito troppo presto dalla scena. Pazzesco il confronto con l’anno precedente, quando la squadra di Simone, arrivata sino alla finale di Champions, aveva chiuso a diciotto lunghezze dai campioni di Spalletti: idealmente è come aver recuperato 55 punti da un anno all’altro.
Inter giù dal trono solo due volte
Dal trono, dicevamo, magari diviso con altre pretendenti nelle primissime settimane del campionato, l’Inter è scesa solo due volte. La prima per colpa sua, paradossalmente pagando il pareggio in casa con il Bologna (2-2) più della sconfitta patita con il Sassuolo, al momento prima e unica squadra in grado di fermare i nerazzurri in campionato. Era l’ottava giornata e il Milan ne approfittò per piazzare l’unico sorpasso dell’anno grazie alla vittoria con il Genoa. Controsorpasso restituito subito: l’Inter batte il Toro il sabato successivo, il Diavolo cade in casa con la Juve il giorno dopo. Il secondo e ultimo sorpasso è arrivato invece per effetto del calendario e per mano della banda di Allegri.
Milan secondo, ma la corsa è stata sulla Juve
L’aritmetica dice che l’Inter ha vinto lo scudetto ieri sera nel derby e che l’ultima squadra ad arrendersi è stata il Milan, che presumibilmente chiuderà al secondo posto forte dell’attuale +5 sulla Juve. La storia del campionato, però, racconta qualcosa di diverso: nell’unico momento in cui lo scudetto è tornato a essere contendibile, i nerazzurri la corsa l’hanno fatta sulla Juve. O meglio: sulla Juve e sui vecchi fantasmi di Bologna. D’accordo, il gap di qualità e profondità tra le due rose alla distanza è stato certificato dai numeri, con un distacco in classifica che ha superato i venti punti. Ma la Juve va temuta sempre e comunque anche quando è ben lontana dall’essere la vera Juve.
Dall'errore di Radu al trionfo: Inzaghi ha imparato la lezione
La sera del 21 gennaio in effetti tutto sembrava possibile. Bianconeri vincenti a Lecce 3-0, nerazzurri nel deserto d’Arabia per vincere il giorno dopo la Supercoppa contro il Napoli campione d’Italia in carica: Juve 52, Inter 51 con una partita da recuperare (e che recupero, con l’Atalanta) e lo scontro diretto dopo appena due settimane. Scenario identico a quello del 2022: al derby di ritorno l’Inter arrivò con una gara in meno all’attivo, perse e si ritrovò il Diavolo a -1 e fino alla fatidica notte del Dall’Ara consumò energie mentali nel decifrare la classifica reale e quella potenziale, contando sempre sui tre punti bonus da sfruttare e invece buttati al vento, anche (non solo) per l’errore di Radu che tuttavia resta l’immagine della debacle. Niente sorpasso e Milan saldamente a +2 a quattro giornate dalla fine. Questa volta è andata diversamente: in sette giorni Inzaghi s’è ripreso la vetta vincendo a Firenze e aggiudicandosi lo scontro diretto la settimana successiva (+4), di fatto neutralizzando la partita fantasma e pure i vecchi fantasmi di Bologna. Niente braccino, non dopo quella lezione.