I genitori l’hanno chiamato Marcus in onore di Garvey, scrittore e sindacalista giamaicano, una vita di battaglie in piazza per difendere i diritti degli afroamericani: un particolare che suo padre Lilian e sua mamma Sandra raccontano con orgoglio. Thuram junior si è rivelato l’idea geniale dell’Inter: è arrivato gratis dal Borussia Mönchengladbach, ha firmato un contratto da sei milioni netti, una cifra che corrisponde al 65% in meno di quanto la famiglia Zhang spendeva per gli ingaggi di Lukaku e Dzeko, spariti presto nei pensieri dei dirigenti e dei tifosi come disegni sulla sabbia. È diventato il gemello perfetto di Lautaro: questione di chimica. Se Kvara si era dimostrato il socio ideale di Osimhen, l’intuizione meravigliosa del Napoli campione d’Italia, il francese è stato l’affare low-cost di un mercato intelligente, dove la competenza a volte può piegare l’onda di chi ha tanti soldi. Quattordici gol tra campionato e coppe: da poster quello di ieri sera nel derby. Dodici assist. Ricchezza di contenuti e modernità.
Milano nel destino di Thuram
Lo aspettavano, un anno fa, negli uffici del Milan. Ha preferito un altro indirizzo: viale della Liberazione, zona Porta Nuova, la casa dell’Inter. Empatia e istinto hanno pesato più della proposta economica. Una scelta determinata anche dalla decisione parallela di Gerry Cardinale di separarsi da Paolo Maldini, il primo a chiamare Thuram. San Siro era nel suo destino, comunque. Il 21 ottobre del 2020 era sceso dal pullman del Borussia, nel parcheggio dello stadio, in attesa di sfidare l’Inter di Conte nella fase a gironi di Champions. Indossava la tuta del club tedesco e portava la mascherina, che era obbligatoria a causa della pandemia. Mentre si stava dirigendo verso lo spogliatoio, Marcus fu fermato da uno steward dell’Uefa che gli chiese di mostrargli un documento. Due minuti infiniti, perché il passaporto non era nello zainetto. Lo aveva dimenticato in albergo. La soluzione? Farsi riconoscere attraverso la foto del suo profilo su Wikipedia. Una scena finita nel suo diario di Instagram. E la partita? Un pareggio: 2-2, doppietta di Lukaku e gol di Bensebaini e Hofmann.
La famiglia
Da suo padre, un modello di stile e saggezza, ha ereditato il fascino della normalità, il gusto di vivere tra la gente, senza barriere e comportamenti da divo. A Milano va a fare la spesa al supermercato. È impegnato nel sociale. Il calcio di strada, “football de rue”, è il gancio che unisce epoche e generazioni. Ha trascorso qualche pomeriggio sui campi dell’Unione Sportiva “Triestina 1946”, in via Fleming. È sbucato a sorpresa dallo sportello scorrevole di un furgone, ha regalato maglie e palloni, si è fermato a giocare con i ragazzi. Ha sposato una serie di progetti dell’associazione Kayros, fondata a Lambrate da don Claudio Burgio: una comunità di accoglienza per minori. Un cognome impegnativo e la capacità di non farsi mai schiacciare dai paragoni, che sono il morbillo del suo ambiente. Lilian guida una Fondazione. Diritti, immigrazione e razzismo. È ambasciatore dell’Unicef. Ha scritto tre libri: “Il pensiero bianco”, “Le mie stelle nere, da Lucy a Barack Obama” e “Per l’uguaglianza”. Da magnifico difensore a intellettuale. Marcus, chiamato Tikus, ha un fratello: Khéphren, mezzala del Nizza di Farioli. Il suo idolo era Ronaldo. Prima di vincere lo scudetto e la Supercoppa con l’Inter aveva conquistato solo un titolo Europeo con la Francia Under 19, in compagnia di Kylian Mbappé e dell’allenatore Ludovic Batelli. Era il 24 luglio del 2016: 4-0 all’Italia di Barella e Dimarco, che adesso si fanno i selfie con lui durante festa per la seconda stella.
Thuram, le origini e i complimenti
È nato in una clinica di Parma. Una carriera cominciata nell’Olympique de Neuilly e nel Boulogne-Billancourt. Ai tifosi del Borussia ha lasciato 34 gol e un video che aiuta a comprendere la sua maturità: «Quattro anni fa mi conoscevate per il mio cognome. Grazie per avermi permesso di allargare i confini dei miei sogni». Nell’Inter il complimento più bello l’ha ricevuto da Massimo Moratti: «Intelligenza e qualità, ci ha subito affascinato». Come una medaglia.