Il progetto di bilancio 21/22 che il CdA interista invierà ai soci conferma quanto già evidenziava il disastroso rendiconto dell’anno precedente. Cala la perdita netta, dai 245 milioni del 20/21 ai 130-140 anticipati negli ultimi giorni, ma solo grazie al contributo di oltre 100 di plusvalenze realizzate cedendo Lukaku e Hakimi. Anche depurando il risultato delle componenti di costo non monetario, come gli ammortamenti (che dovrebbero risultare in netto calo rispetto all’anno precedente) e le svalutazioni dei crediti asiatici (una quarantina di milioni nel 20/21, una ventina nel 21/22) la gestione brucia cassa al ritmo di 7-8 milioni al mese, senza il ricorso a entrate straordinarie.
Siamo dunque lontani da un’autosufficienza finanziaria fondamentale per un club con un azionista in difficoltà nel ricapitalizzare come un tempo. Oggi Zhang sta per rifarlo ed è una scelta obbligata dal Codice Civile, perché la capogruppo FC Internazionale ha 91 milioni di patrimonio netto che finirebbe in negativo con una perdita da 130. Andranno quindi convertiti in riserva i finanziamenti soci, ma tanto meglio sarà se Zhang attingerà alle risorse ottenute in prestito da Oaktree, ancora in buona parte depositate in una holding lussemburghese. In tal caso, arriverà un’iniezione di cassa molto importante per la gestione del club. La proprietà ha scelto di non cedere big in un mercato estivo che ha visto partire solo Perisic, Casadei (la cui plusvalenza compensa il prestito di Lukaku) e Pinamonti: cessioni che hanno finanziato Asllani e Bellanova. Non sappiamo quanto la scelta di tenere duro sia stata obbligata dall’assenza dell’offertona sperata ma il sacrificio potrebbe essere rinviato a gennaio, soprattutto se Skriniar non rinnoverà un contratto molto oneroso. Le partenze di Vidal e Sanchez alleggeriranno il monte ingaggi, ma intanto pesano sul risultato 21/22 per il costo delle buonuscite.
Sullo sfondo resta la cessione, che Zhang deve completare prima che scada (maggio 2024) il prestito Oaktree da 300 milioni. Il Sole 24 Ore rivela che si è affiancata all’advisor storico Goldman Sachs la boutique americana Raine, specializzata in business ad alta crescita: tecnologia, intrattenimento, media. Raine ha curato molte operazioni nell’industria sportiva Usa ma anche in Europa, tra cui l’advisory finanziaria nelle acquisizioni del Chelsea e del Girona, e vanta una presenza molto forte anche in California dove hanno base molti fondi interessati agli asset sportivi e dove Steven si reca spesso per “impegni personali”. Il ricorso a un advisor focalizzato sul mercato americano rafforza la sensazione che arriverà da oltreoceano il prossimo compratore dell’Inter e che sarà un fondo (in stile RedBird) o una conglomerata con forti interessi nell’intrattenimento. Non è nuovo l’interesse degli investitori Usa per il nostro calcio e l’occasione di sviluppare lo stadio rappresenta un magnete formidabile. Si tratterà di trovare le migliori condizioni di uscita per Suning, che ha dimostrato grande resilienza ma sembra a fine corsa.
Ambienti vicini all’Inter ripetono che il gruppo cinese cerca un partner di minoranza: idea ambiziosa per una società in sistematico squilibrio economico-finanziario. Un operatore finanziario non può investire senza programmare l’impegno di risorse, non quantificabile però finché la gestione permane in sbilancio strutturale tra entrate e uscite. Il punto non è quindi la maggioranza o minoranza, ma che un investitore professionale entrerà nell’Inter solo se potrà imprimere forte discontinuità allo stile di gestione e al modello di business, cosa non possibile in una posizione di minoranza. Se ciò non avverrà, l’Inter andrà da Oaktree con l’escussione del pegno sulle quote, ma non è detto che il fondo americano (che dispone oggi di due rappresentanti nel CdA) decida di impegnarsi direttamente nella gestione. Potrebbe invece cercare un compratore: ragione per cui a Zhang conviene trovarlo prima.