Inzaghi, il 3-5-2 marchio di fabbrica

Inzaghi, il 3-5-2 marchio di fabbrica© LAPRESSE
di Alberto Dalla Palma
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A maggio, subito dopo aver perso lo scudetto all’ultimo tuffo, pensava di salutare Lautaro, proprio come l’anno precedente era stato costretto a rinunciare a Lukaku e ad Hakimi per motivi di bilancio. Adesso, invece, Simone Inzaghi aspetta due telefonate, quelle della svolta. La prima in cui gli verrà comunicato che Romelu tornerà ad Appiano, almeno per una stagione: una priorità assoluta, pretesa e imposta dal tecnico all’Inter in cambio di qualsiasi altro sacrificio che non fosse Lautaro. Dalla seconda chiamata si augura anche il sì di Dybala, che non era un desiderio assoluto ma che alla fine può rappresentare il colpo in grado di sparigliare le carte del campionato e, soprattutto, della squadra nerazzurra, nonostante la cessione certa di Skriniar e il possibile addio di Dumfries se arrivasse un’offerta irrinunciabile.

Inzaghi non aveva mai pensato al talento argentino fino al momento in cui Marotta gli ha rivelato che avrebbe potuto prenderlo a costo zero, seppure con uno stipendio elevatissimo. Paulo ha caratteristiche tecniche completamente diverse dagli altri attaccanti della rosa attuale: da Lautaro a Dzeko, da Correa a Sanchez aspettando Lukaku, nessuno ha il talento dell’argentino nel calciare di sinistro anche da posizioni impossibili o nell’inventare il gol di un compagno dalla tre quarti in poi, come il migliore dei fantasisti. Così Simone aveva dato il via libera all’operazione, differenziando il parco dei giocatori offensivi ma anche chiedendo il ritorno di Lukaku, reso possibile proprio dal desiderio del belga. È chiaro che una o due punte andranno via: Sanchez di sicuro, poi forse uno tra Correa e Dzeko, a seconda delle eventuali offerte in arrivo dall’Italia e dall’estero. Ma una cosa è certa, Inzaghi non cambierà il suo modulo di gioco, che anche per l’Inter è diventato un marchio di fabbrica: il 3-5-2, con cui Simone ha vinto tre trofei con la Lazio e due con la squadra nerazzurra, segnando quasi sempre 100 gol a stagione.  

Avere Dybala e Lautaro, Lukaku e Correa (o Dzeko), per lui significa solo avere più alternative in una stagione in cui dal 14 agosto ai primi di novembre si giocherà quasi ogni tre giorni tra campionato e Champions. Sì, potrà capitare anche che in una partita l’Inter sfrutti il tridente, se fosse costretta a rincorrere una clamorosa rimonta o a sfondare un muro invalicabile, ma di principio il tecnico piacentino non rinuncerà mai alla corsa dei due esterni in profondità o all’imbucata di Calhanoglu verso gli attaccanti in corsa. Una strada scoperta nel dicembre del 2018, quando la Lazio, all’improvviso, diventò una delle squadre più spettacolari del campionato: Inzaghi arretrò Luis Alberto sulla linea dei centrocampisti sacrificando Parolo e inserì Correa accanto a Immobile, dove fino a quel momento aveva giocato proprio lo spagnolo, trovando la formula magica. Un tema tattico riproposto anche all’Inter e che non verrà messo in discussione dall’arrivo di Dybala, che sarà sempre e soltanto il partner di uno tra Lautaro e Lukaku e mai il terzo incomodo che toglie il posto a uno dei due esterni (Dumfries e Gosens) o a una delle due mezzali (Barella e Calhanoglu).


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