L'ultima volta la stagione la cominciò Gasperini che, per una difesa a tre maldigerita da giocatori e presidente, perse il posto dopo un istante e un po’ e venne sostituito da Ranieri, proveniente dalla Domenica sportiva della quale era l’apprezzato e divertito opinionista tecnico. Claudio dei miracoli non fece cose straordinarie in campionato, ma riuscì a superare il girone di Champions per poi uscire agli ottavi col Marsiglia. A marzo, seconda panchina segata da Moratti: fuori anche Ranieri e dentro Stramaccioni, tra scommessa, intuizione e provocazione. In Europa l’unico acuto di un’annata disgraziata e velenosa - Gasperini se la prese anche con la stampa, convinto che avesse sponsorizzato con insistenza Ranieri -: la qualificazione al secondo turno, traguardo che per i successivi dieci anni l’Inter si sarebbe colpevolmente negata.
Simone Inzaghi, il dopo Conte, ha ora la possibilità di ripetere l’impresa. Con pieno merito peraltro: non dimentico la bella ma sfortunatissima prestazione col Real a San Siro. Più facile del previsto il modo in cui ha risolto la pratica moldava salendo al secondo posto. Pur avendo visto tutte le gare del girone, per novanta e passa minuti ho continuato a chiedermi come avesse fatto lo Sheriff a prendere 6 punti sui 9 a disposizione. Ho provato a domandare in giro, sospettando che qualcosa mi fosse sfuggito, ma nessuno è riuscito a darmi una risposta convincente. Più che a una gara di Champions mi è infatti sembrato di assistere a un incontro di coppa Italia tra una big, appunto, e una neopromossa dalla C alla B. Questo per dire che in campo si è vista esclusivamente una squadra, quella di Inzaghi, che s’era portato il pallone da casa. Soltanto l’imprecisione di Dzeko e Lautaro ha consentito al muro alzato da Vernydub di reggere quasi un’ora. Mai, ripeto mai, ho temuto che la vittoria potesse essere messa in discussione. Anche perché al centro del gioco si era posto il miglior Brozovic possibile: lucido e continuo, di categoria superiore.
Molto più complesso si conferma il percorso europeo del Milan, che ha fatto scelte “ragionate”. Quando in una partita che può valere la permanenza in Champions e che purtroppo arriva a quattro giorni dal derby, tieni fuori per settanta minuti Ibra e Kessie e rinunci a Kjaer, tre titolarissimi oltre che gli interpreti principali del miglior Milan della stagione, quello dei primi settanta minuti dell’Olimpico, significa che il realismo, la classifica e le prospettive reali hanno prevalso sul resto. Pioli ha, sì, puntato almeno in parte sulla freschezza di Romagnoli, Tonali e Giroud, in primo luogo - però - ha tenuto conto del raggiungibile. Per un tempo, il primo, il Porto si è mosso in modo quasi perfetto, trovando il vantaggio e creando altre occasioni; nella ripresa la reazione del Milan, che ha alzato il ritmo e capito che la vittoria poteva essere comunque alla portata, è stata di nervi e iniziative individuali, più che di manovra. Il girone era certamente infernale: un paio di arbitraggi dannosi (con il Madrid di Simeone e ieri sera: la rete dei portoghesi è stata preceduta da un fallo ignorato da Turpin e dal Var) l’hanno reso impestato.
L'ormone della decrescita
A un passo da un altro clamoroso autogol. Nella legge di Bilancio, la cui discussione s’inizierà la prossima settimana in Senato, il Governo potrebbe non toccare la norma contenuta nel Decreto Crescita che riduce sensibilmente la tassazione dei calciatori stranieri “entranti”. Qualcosa negli ultimi giorni è cambiato: non escludo che per interessi societari un dirigente con i bilanci del club ululanti sia intervenuto “presso l’amico politico” con l’obiettivo di evitare che questa assurdità regolamentare venga rimossa. A parità di valori tecnici (voglio essere buono, visto il numero di pippe straniere circolanti) e proprio per pagare meno tasse, le nostre società preferiscono acquistare all’estero: tutti i discorsi sulla mancata valorizzazione del prodotto interno vanno a farsi friggere per volontà dello Stato. Mi dicono che, se la notizia dovesse confermata, per protesta l’Assoagenti inviterebbe il sindacato troppo spesso silente (Aic) a imporre lo sciopero agli associati. I giocatori italiani potrebbero fermare il campionato per discriminazione fiscale.
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