Alla decima prova, la Fiorentina è entrata finalmente sulla scena dalla parte giusta. Delle nove partite precedenti alla vittoria sul Milan si potevano salvare il primo tempo (i primi 40’) di Bergamo e una abbondante porzione della ripresa con la Lazio quando, guarda caso, nell’intervallo l’allenatore aveva abbandonato la difesa a tre (con Biraghi terzo difensore di sinistra) ed era passato alla linea a quattro. Da quel momento sono arrivati i buoni risultati e anche un po’ di gioco, insieme all’anima e all’identità di squadra che Palladino stava cercando. In ordine cronologico: la vittoria (in rimonta, proprio dopo il passaggio da tre a quattro) sulla Lazio, il pareggio di Empoli, la vittoria sui gallesi The New Saints e la vittoria sul Milan. Quattro partite, tre successi e un pareggio. Sia chiaro che in questo breve ma positivo periodo, come gioco ci sono stati ugualmente dei passaggi a vuoto, come a Empoli e come in Conference. Non dobbiamo dimenticare nemmeno che i tre punti sul Milan sono arrivati grazie anche ai due rigori parati da De Gea (Maignan si è fermato a uno). Tutto questo però non toglie che la Fiorentina abbia (probabilmente) trovato la sua strada.
Mancano ancora dei dettagli anche se, visti i risultati, difficilmente Palladino cambierà idea su Gosens terzino sinistro (e spesso bloccato in difesa) anziché impiegarlo nel suo ruolo più naturale di esterno di centrocampo. Dipenderà anche dalle condizioni fisiche dei suoi giocatori, ma per il momento i due terzini di ruolo di fascia sinistra, Biraghi e Parisi, sono in panchina.
La Fiorentina di domenica sera è piaciuta soprattutto per il carattere, il temperamento e per la capacità di soffrire quando il Milan, poco aggressivo e molto caotico, ha cercato di attaccare. Il 4-2-3-1 iniziale, con Bove più su, sulla sinistra (la posizione di Gosens...), rispetto ad Adli e Cataldi, si è trasformato prima in un 4-4-1-1, con il giovane ex romanista sulla linea dei due mediani e poi, nel finale, lo stesso Bove è sceso ancora per chiudere la strada a Pulisic, il rigorista... mancato.
Il Franchi ha spinto forte una squadra che rispondeva alla stessa maniera. De Gea, che su Stadio si è preso il titolone in prima pagina “De Genio”, è stato il protagonista, ma stavolta le scelte e i cambi di Palladino oltre alla forma di alcuni giocatori sono stati quasi alla sua altezza. Kean fa paura per quanto corre, si batte, picchia e si fa picchiare senza piagnucolare, lo sbaglio dal dischetto non lo ha condizionato, ha dato battaglia fino alla fine; Adli dei quattro centrocampisti a disposizione di Palladino è il più “verticale” e lo ha fatto vedere ancora una volta (peraltro a segno due volte in quattro giorni); Dodo, ammonito dopo 8’, ha attaccato Leao più di quanto Leao abbia attaccato lui; Bove nel secondo tempo è diventato l’uomo-ovunque; i due difensori centrali hanno retto bene; Gudmundsson è stato alla fine decisivo. Manca ancora qualcosa (la precisione nelle conclusioni) a Colpani che, tuttavia, è apparso più in tono rispetto alle sue precedenti partite. Ma ora intorno alla Fiorentina c’è un’aria diversa. Si aspettano conferme.