FIRENZE - Era il 5 ottobre, due passi due dalla porta a vetri che accompagna fuori dalla zona arrivi dell'aeroporto. "Io non sono Chiesa, io sono Callejon. Felice di essere alla Fiorentina: mi metto a disposizione per far bene e far felici i tifosi". Negli occhi e nelle orecchie ancora quelle immagini e quelle parole, ma due mesi più tardi José Callejon sta ancora cercando la strada giusta per dare seguito ai propositi (ottimi) appena sbarcato a Firenze. E non ci rinuncerà per niente al mondo pur di trovarla. Che l'ex Napoli fosse e sia un elemento su cui la Fiorentina conta non ci sono dubbi. Che Iachini l'avesse voluto espressamente per il “dopo” Chiesa e che Prandelli a sua volta si affidi (anche) a lui per rimettere la barca viola sulla rotta giusta, sono altre certezze garantite: il problema è stato il tempo, “nemico” finora, alleato da qui in avanti.
Per forza di cose uno dell'esperienza, della cifra tecnica, della capacità di lasciare il segno nelle azioni offensive (82 gol segnati e 78 assist serviti nei sette anni partenopei, sempre bene ricordarlo) come il 33enne spagnolo è centrale in qualsiasi progetto di squadra, più ancora se questa squadra va fatta risalire da una situazione di classifica inaspettatamente complicata. Prima le difficoltà d'inserimento che sono state soprattutto di natura tattica, quindi la positività riscontrata al Covid-19 con conseguente ostacolo al raggiungimento della migliore condizione atletica, infine il cambio di allenatore che comporta a sua volta un cambio di metodologie e compiti: due mesi dentro un frullatore con ovvie ripercussioni sul rendimento e un solo acuto, il gol “sporco” realizzato in Coppa Italia contro il Padova nell'unica partita peraltro cominciata e finita.