Addio Niccolai, eroe scudetto del Cagliari di Scopigno

Cinque mesi dopo Gigi Riva, ci lascia un altro grande protagonista della squadra che vinse lo storico titolo nel 1970
Addio Niccolai, eroe scudetto del Cagliari di Scopigno© ANSA
Franco Ordine
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Le etichette lo hanno inseguito inutilmente fin dal giorno del battesimo. Il papà, comunista d’antan oltre che portiere del Livorno dei suoi tempi, pretese che si chiamasse Comunardo, in ricordo della Comune di Parigi e il nostro non se ne ebbe a male né mai pretese di cambiarselo in età matura. Perché Comunardo Niccolai, toscano di Uzzano, nel pistoiese, figlio della seconda guerra mondiale (all’anagrafe registrato il 15 dicembre 1946), fu da sempre più forte di etichette e sfottò. Seguì anzi con disciplina e onore, proprio come al servizio militare, la strada calcistica del papà battendo il circuito toscano prima di trasferirsi in Sardegna e di finire nel mirino magico del Cagliari di Scopigno e Gigi Riva (estate del 1968), pronto in due anni per vincere lo scudetto storico di quella regione. Non se la prese nemmeno il giorno in cui, a torto rispetto alla cronaca, gli diedero del “re degli autogol” per la sequenza di sei autoreti che furono più il gesto disperato e generoso di un difensore doc che la smagliatura di un calciatore poco dotato di talento. Beppe Tomasini, il sodale di cento sfide, che gli ha telefonato fino a qualche settimana prima del ricovero in ospedale a Pistoia e della morte avvenuta per un malore, ha sempre avuto una spiegazione semplice per quegli incidenti di percorso. «Nico era un generoso, lui metteva sempre il piede quando un pallone entrava in area di rigore nonostante io gli dicessi di lasciar perdere. Gli ripetevo: ci pensa Albertosi. Ma niente. Così a Torino in quella partita con la Juve finita 2 a 2 con la sua autorete. Albertosi gridava: mia, mia! Niente. Nico deviò la palla!». La reazione dell’interessato fu sempre la stessa: «Ho segnato anche 4 gol che per un difensore di quei tempi non sono pochi ma nessuno se lo ricorda!». Non fu per caso l’approdo in Nazionale, componente del mini blocco cagliaritano che andava ancora più di moda allora. Era insieme con Albertosi, Cera libero, Domenghini e Gigi Riva naturalmente, il capo-gruppo che sarebbe stato incoronato Imperatore del gol durante il mondiale messicano. A Comunardo, dopo la prima partita, capitò uno sgambetto del destino: sostituito da Roberto Rosato, diventato da quel giorno in poi un intoccabile. E dell’esperienza azzurra (appena 3 presenze) gli rimase la battuta fulminante di Manlio Scopigno, non sappiamo ancora a distanza di anni se autentica o rifinita e corretta dal tecnico che amava passare più per un cinico osservatore che per un allenatore competente. Disse Scopigno: «Tutto mi sarei aspettato tranne che vedere Niccolai in mondovisione!». Completata la carriera da calciatore, Comunardo passò tra i ranghi dei tecnici federali, ebbe tra gli altri per le mani i giovanissimi Buffon e Totti di cui segnalò presto le qualità. Negli ultimi tempi aveva perso qualche brandello di memoria, usciva poco di casa ma continuava a rispondere, ogni settimana, alle telefonate del suo amico Beppe Tomasini. Poi d’improvviso il silenzio che ha fatto intuire il triste epilogo di queste ultime ore. “Di sicuro incontrerà Gigi e riprenderanno a giocare” hanno scritto i tifosi del Cagliari. Comunardo aveva salutato il grande bomber con una frase che era diventata una sorta di manifesto della sua generazione: “Insieme abbiamo vissuto i migliori anni della nostra vita”. Infatti da ieri siamo tutti un po’ più soli.


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