Il problema ha tre lettere: si chiama gol. Il Bologna non è ancora riuscito a farne uno in queste quattro gare di Champions League. È il dato più macroscopico: va oltre la beffarda sconfitta che spinge la squadra di Italiano in una posizione difficile. Arrivare al turno successivo ora è molto complicato, soprattutto se torniamo al punto di partenza. Il Bologna non segna. E, da un certo punto di vista, non si vede come possa farlo. Non solo. A ieri sera il Bologna è l’unica squadra che partecipa alla Champions League a non aver fatto gol in nessuna delle quattro gare a disposizione. Persino Shakhtar Donetsk, Young Boys e Salisburgo, le altre tre a non aver mai bucato le reti avversarie, hanno un piccolo vantaggio sugli uomini di Italiano: oggi giocano e possono in teoria interrompere questa astinenza e lasciare da soli i rossoblù con un primato per alcuni versi ingiusto.
Ingiusto perché il Bologna gioca al calcio e gioca anche bene. Ha affrontato alla pari una squadra che ha raccolto in quattro gare di Champions dieci punti, piegando il Barcellona e in Francia si propone come anti-Psg. Se vogliamo soprattutto il primo tempo è stato uno spot per il calcio. Capovolgimenti di fronte, azioni rapide e precise, tecnicamente ben congegnate, idee di gioco efficaci e ben costruite, alle quali è però mancata una cosa: il gol. Il Bologna è come un pugile ben dotato di colpi e schivate, un repertorio vario in grado di ben impressionare, elegante in attacco, capace di danzare come una farfalla ma, alla fine, incapace di pungere come un’ape. Il Monaco invece sa colpire, ha colpito e ha lasciato il segno. Complice anche una distrazione difensiva che ha consentito a Kherer, rimasto senza marcatura, di ammutolire il Dall’Ara.
E allora siamo al punto di partenza. Servono i gol. Quelli di Dallinga o di Castro. Ma servono i gol. Ed è inutile ripetere per addolcire la pillola - siamo a novembre - che anche Zirkzee ci ha messo un anno e mezzo per diventare il calciatore richiesto da mezza Europa. Perché nel frattempo il Bologna, persino il Bologna che non aveva la Champions come prospettiva, durante la prima stagione, quando Joshua stentava, aveva un titolare eccellente davanti, al di là degli infortuni: Arnautovic.
E lo stesso Italiano, chiamato a diventare l’uomo nuovo in grado di conciliare i tre obiettivi, Europa, coppa Italia e campionato, nella scorsa stagione nelle prime quattro gare europee non ha dovuto affrontare Shakhtar, Liverpool, Aston Villa e Monaco con la Fiorentina, ma due volte il Rapid Vienna, il Genk e il Ferencvaros che non sono esattamente la stessa cosa. Quindi siamo, per l’ennesima volta, come in un gioco dell’oca, al punto di partenza. Il problema è all’origine. Non si è dotata questa squadra di un attaccante all’altezza del compito importante che subito, non fra una stagione, sarebbe stato di fronte. Ed ecco i risultati. Si danza come farfalle, ma il pungiglione ce l’hanno gli altri. E fa male. Quanto fa male.