Ferguson esclusivo: "Questo Bologna può aprire un ciclo. E su Motta..."

Fermo ai box per infortunio nel finale di stagione, il capitano dei rossoblù ha parlato della Champions League e dell'addio del tecnico: cos'ha detto
Claudio Beneforti, Giorgio Burreddu e Dario Cervellati
8 min

BOLOGNA - La road map della stagione di Lewis Ferguson gliela vedi incisa sulla pelle. Punti, cicatrici, tagli. L’autostrada del dolore. Sono i segni dell’infortunio (e dell’operazione) che Fergie si porta appresso dopo la rottura del crociato. Alza le spalle, lui, vero duro scozzese: «This is football». Già, questo è il calcio. Ma fa comunque una certa tenerezza vedergli fissare il vuoto e galleggiare nell’amarezza: «Da bambino avevo due sogni: giocare la Champions League e andare con la mia nazionale in una competizione internazionale. Pensavo di andare agli Europei con la Scozia, sì. E poi di giocare la Champions League con il Bologna. Ero lì, ero così vicino, ero a tanto così. E poi, in un secondo, quel sogno è sparito. Per me è stata la cosa più difficile». Niente Europei, e probabilmente giocherà la Champions solo a torneo iniziato l’anno prossimo. C’è un solco profondo nel campionato di Ferguson. Capitano, uomo simbolo, trascinatore di questo Bologna, che a un certo punto si è trovato a guardare i suoi compagni dalla panchina. «All’inizio ho fatto fatica - racconta -, perché, sai, un giocatore vuole giocare. Poi ho visto come giocavano e mi sono messo tranquillo».

Anche lei si è goduto lo show rossoblù?
«Prendi la partita contro la Juventus: nei primi 75 minuti sono stati eccellenti. Fantastici. Ero seduto con Zirkzee, infortunato anche lui. L’ho guardato e gli ho detto: "Josh, sarebbe stato bello giocare". Poi ci siamo fermati a guardare la squadra, giocava così bene. Stagione incredibile».

Unica e irripetibile?
«E perché? No, dobbiamo mantenere questo standard, dobbiamo continuare a salire. Abbiamo avuto una stagione fantastica, ok. Abbiamo raggiunto la Champions, ok. Siamo felici. Ma non vogliamo fermarci qui. Per quanto mi riguarda, vogliamo migliorare ancora, giocare la Champions e fare il massimo anche lì».

Non sarà che state pensando allo scudetto?
«Vogliamo solo migliorare perché questa è una squadra giovane, con buoni calciatori e brave persone. Sì, vogliamo solo imparare più cose e migliorarci ogni giorno. Quindi: sì, raggiungere la Champions League è stato incredibile. Ma non c'è motivo di fermarsi. Dobbiamo continuare ad avanzare».

Si apre un ciclo, un nuovo inizio?
«Sì. C’è sempre una prima volta per tutto e tutti. Ma qui è arrivato il momento di lavorare ancora più duramente di prima per crescere ancora».

Se chiude gli occhi, quale club europeo le piacerebbe affrontare?
«Vorrei giocare con una delle grandi squadre d’Europa. Per me, sarebbe anche bello con una squadra scozzese. Il Celtic e forse i Rangers. E poi i tifosi del Bologna si godrebbero l'atmosfera in Scozia, uno spettacolo davvero speciale».

Quando pensa di tornare a giocare? Le stampelle le ha abbandonate in fretta: buon segno.
«Non so, non voglio indicare una data, un momento preciso. Non voglio avere alcuna pressione. Non voglio che la gente, i fan, si aspettino che io torni presto. Voglio solo concentrarmi sul recupero. Cercherò di fare il prima possibile, ma senza pressioni».

È vero che è rimasto in campo nonostante il dolore?
«Credo cinque minuti».

Come ha fatto?
«Non lo so, non mi sono mai infortunato in vita mia, quindi non sapevo cosa fosse il dolore di un infortunio grave. In quel momento pensavo di aver preso un colpo. È stato doloroso, ma ho continuato. Dopo aver passato la palla ho sentito che il ginocchio era instabile. Ho capito che era una cosa seria».

A casa, suo padre Derek e suo zio Barry, ex calciatori, che le hanno detto?
«Mio papà ha avuto brutti infortuni, anche al ginocchio. Quindi conosceva la sensazione di essere infortunato, ferito. Come ho detto: è il calcio. È la cosa peggiore per uno che fa questo mestiere. Lui mi ha aiutato molto».

Quando avete iniziato a parlare di Champions?
«Abbiamo iniziato a suonare la musica della Champions League prima della partita contro il Napoli. Io ero già infortunato, arrivato dalla riabilitazione, e quando ho varcato il cancello del centro di allenamento ho sentito la musica. Mi sono messo a ridere tra me e me. Ho pensato: “Che squadra pazza”. Ma la verità è che è stata sicura di sé, lo siamo stati tutti. E sapevamo di avere una squadra forte e di poter raggiungere l'obiettivo. La città è felice».

Squadra forte: Calafiori come lo valuta?
«Cala è stato il miglior difensore del campionato. Spero faccia bene agli Europei. Anche Orsolini, segnerà pure dei gol. Se fossi Spalletti li porterei in Germania».

Certo con Motta l’anno prossimo...
«Abbiamo raggiunto un risultato incredibile, come squadra. Ma ogni giocatore è diverso, ogni persona è diversa. E tutti hanno sogni e aspirazioni di fare altre cose. Per me non è un problema. Se un giocatore volesse andarsene e andare in un'altra squadra per me non sarebbe un problema. Questa è la vita. Sai, non possiamo stare insieme per sempre. Nel calcio ci sono così tanti cambiamenti. È uno sport così unico, così particolare. Cambiano i dirigenti, cambiano i giocatori, cambia lo staff. Quindi è normale. E se c'è qualcuno che deve andarsene per me è ok».

Avete provato a convincerlo?
«Lui non è uno che parla molto singolarmente con i giocatori. Non c’è niente di particolare da dire».

A lei cosa lascia l’esperienza con Motta?
«Per me è stato davvero importante, probabilmente è il migliore allenatore che ho avuto: l’uomo perfetto per rendere questa squadra migliore. È stato incredibile. La sua tattica e il modo in cui gioca a calcio, lo stile di gioco. Ma la sua mentalità è la cosa migliore. Prima dell'infortunio, ricordo che stavamo andando molto bene. Avevamo vinto una partita con quattro gol. Il lunedì mattina Motta arriva e dice: bravi, ma solo per quarantacinque minuti. What? Il secondo tempo, ci dice, non andava bene. Non è mai stato soddisfatto, ha sempre voluto di più. Questo è Motta».

E adesso?
«Andare avanti. L’aspettativa di tutti per il prossimo anno è che il Bologna finisca di nuovo a questo livello. Non sarà facile. Non dirò che vinceremo la Champions. Ma vogliamo mantenere il livello. Fisicamente sarà dura: si gioca due volte a settimana. Sarà necessario essere molto, molto in forma. Quindi le cose cambieranno, ovviamente. Ma il club sa cosa fare».

Saputo sa cosa fare?
«Il presidente è molto vicino a tutti noi. Pranzo ogni giorno, dialogo con i giocatori. È bello questo feeling, il club sta andando in una buona direzione».

Quando è stato il momento più bello?
«Prima di Natale, quello è stato il momento in cui abbiamo fatto un clic nella testa. È difficile scegliere un momento solo. Ci siamo divertiti ogni giorno. Questa è una squadra di pazzi, ma molto bravi a giocare a calcio».


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