BOLOGNA - L’importanza di Gary Medel la trovi facilmente nei numeri: tra i migliori centrocampisti nel suo ruolo, più del 90% dei passaggi completati, un numero interessante di recuperi. E poi ancora: grinta, volontà, pazienza, ordine, gestione del pallone come si deve, randellate quando sono servite. L’uomo chiave a Brescia sarà ancora lui, il cileno dal grugno più duro del mondo, provato lungamente come centrale di difesa in questa settimana di esperimenti e preparazione, ma poi avanzato di nuovo di qualche passo per gestire meglio le difficoltà del centrocampo. Su Medel tutti hanno speso parole al miele, per tutti è stato più di un acquisto giusto e non giustificato dalla partenza di Pulgar: per tutti Medel è stato l’acquisto della svolta. Ce lo dirà il tempo. Intanto, però, Gary si è già fatto spazio a Bologna. Durante la sosta per le nazionali ha deciso di non partire per il Cile: è rimasto in città per assimilare meglio i concetti di Mihajlovic. Anche questo è un segno di autorevolezza e dedizione, a 32 anni ha ancora voglia da vendere.
Tutti dettagli, questi, che uniti come puntini sulla settimana enigmistica danno la soluzione di quel che può rappresentare Medel da qui alla fine del campionato. Un asso, un giocatore di un’importanza strategica. Mancini, ai tempi dell’Inter, disse che avrebbe voluto allenare ventiquattro come lui. Serio, inappuntabile, rigoroso, Medel è un uomo per tutte le stagioni e tutti gli allenatori. Salvo poi ricordare al mondo intero, parlando di sé in terza persona, che "ognuno ha le sue caratteristiche e di Medel ce n’è uno". Uno, ma trino nel suo ruolo di grande diga in mezzo al campo, manovratore, ordinatore di idee. Così importante al punto che negli 81 minuti giocati contro la Spal, "a sorpresa - ha detto lui - mi ero allenato solo due giorni", il Pitbull è stato il più prezioso tra i rossoblù: 61 passaggi in tutto, uno chiave, qualche lancio lungo (2), e un database di numeri in difesa da fare spavento.