Atalanta, il Tyrannosaurus Gasperini

Leggi il commento sui giudizi espressi da alcuni ex nerazzurri a proposito del tecnico della Dea
Cristiano Gatti
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Una specie di orrido Putin si aggira tra le panchine della serie A. Lo conosciamo tutti con il soprannome che evoca l’esclamazione depppaura: Gasp. È così: dopo i miracoli al Genoa, evidentemente merito dei giocatori, dopo gli ipermiracoli all’Atalanta, evidentemente merito del presidente, finalmente l’Italia apprende la vera verità sul satanico Gasperini. A rivelarla, chiaramente in totale buona fede, spassionatamente, dopo, due giocatori casualmente emigrati all’estero, il danese Mahele e il turco Demiral.

I premi di Gasperini

Riassumendo, abbiamo a che fare con un implacabile dittatore, che manda avanti la squadra in un clima di terrore, e chi viene sorpreso anche solo a sorridere è un uomo finito. Addirittura Mahele denuncia il crimine più disumano: «Vivevo in un bel posto, c’era un bel tempo fuori, ma non avevo la libertà di godermeli». Toccava lavorare, porca miseria. È risaputo: Gasperini può vincere, anzi ne ha già vinti, i premi per il miglior allenatore dell’anno, mai e poi mai vincerà il "Simpaticone d’oro". Soprattutto se in giuria ci sono solo giocatori. Il Gasp è noto anche agli arbitri per la sua docile rassegnazione ad ogni decisione discutibile (certo, come no), è noto ai giornalisti per il servilismo ruffiano con cui liscia il pelo (certo, come no), è noto persino a diverse tifoserie italiane che lo aspettano ogni volta in un tripudio di osanna e standing-ovation (certo, altro che).

Gasperini leader con idee precise

A parte questo, il Gasp ha tutto quello che serve per farsi voler bene. Bisogna chiedersi da chi, eventualmente. La risposta è la stessa data per tutte le figure carismatiche vittime del loro carattere, perché hanno la sfortuna di averne uno, proprio in mezzo a un mondo che premia e che acclama i furbini, gli yes-men, gli opportunisti, i parapara. I Gasp sono i leader che hanno idee precise, metodi precisi, regole precise, prima per sé, a seguire per chi li incrocia nel lavoro e nella vita. Non essendo tipi morbidi, maneggevoli, malleabili, non è possibile nutrire per loro sentimenti tiepidi e annacquati. O li amiamo, o li odiamo. Non è contemplata la mezza misura. Chiaramente, i Mahele e i Demiral hanno rigettato il metodo, o meglio l’hanno accettato finché andava bene e conveniva, salvo vuotare il sacco degli arretrati a debita distanza, di tempo e di spazio.

I devoti 'Gasperinos' sparsi per il mondo

Ma per un Mahele e un Demiral, c’è sempre uno Juric, un Motta, un Milito, persino un Papu Gomez a bollori spenti, pronti a raccontare quant’è eccitante la tua vita da calciatore quando incontri il Gasp in panchina. Ha ragione Mahele o hanno ragione i devoti Gasperinos, sparsi in tutti i continenti e in tutti i campionati? Di sicuro, per viaggiare comodi sul treno del Gasp bisogna fare quello che dice il capotreno. Su questo non ci piove. Che poi i suoi metodi non siano esattamente montessoriani, è altrettanto vero. Ma un giorno io ho incontrato un giocatore che mi ha detto queste precise parole: «Lo ucciderei un giorno sì e un giorno sì. Eppure gli sarò sempre grato: è più bello giocare un campionato con lui che un’intera vita con tanti altri allenatori». Non è Mahele.


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