La Serie A piace live: il numero super dei tifosi allo stadio

La media è di 32 mila supporter in ogni partita, la più alta dal ’97-98. Per i club è un patrimonio da proteggere
Giorgio Marota
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ROMA - Sull’altalena delle emozioni del calcio italiano sale lo stadio e scende la tv. Continua a crescere, insomma, la voglia di stare insieme, di stringersi in un abbraccio di gioia quando le cose vanno bene e di cullarsi nel dolore collettivo quando si perde, mentre inizia a diminuire - sarà solo “colpa” dell’estate? - l’interesse per tutto ciò che è mediato da uno schermo. Il pallone resta uno degli ultimi baluardi di socialità dei nostri tempi individuali e atomizzati: il pubblico è tornato a rendersene conto e sta riscoprendo il gusto di condividere una passione. Nelle prime tre giornate del nuovo campionato le presenze negli impianti hanno raggiunto infatti numeri da record: si sono recati ai tornelli in 306 mila nel primo turno che cadeva nella settimana di Ferragosto, tradizionale siesta marittima o montanara per milioni italiani, poi sono diventati 322 mila nella seconda giornata (24-26 agosto) e nel terzo turno il pallottoliere è schizzato a quota 341 mila e cinquecento. Da San Siro (sempre pieno) all’Olimpico, dall’Allianz Stadium al Maradona, passando per il Dall’Ara, Marassi e tutti gli altri: al netto di qualche guizzo di modernità - Torino, Udine, Bergamo - i nostri sono in generale gli impianti più vecchi e fatiscenti d’Europa, con un’età media da pre-guerra che impone riflessioni urgenti a livello federale e politico in vista della scadenza del 2026 per Euro 2032. Eppure i seggiolini sono pieni. Anzi, pienissimi. 

Serie A, un milione di tifosi allo stadio

Il totale dei presenti delle prime 30 partite di A è arrivato a 969.837 e c’è da scommettere che dopo la pausa per le nazionali, anche grazie a diversi big match (Atalanta-Fiorentina nel prossimo turno, Inter-Milan, Fiorentina-Lazio e Juve-Napoli in quello successivo), la curva riprenderà a salire. Già tra Como-Bologna ed Empoli-Juve, i primi due appuntamenti della 4ª giornata, toccheremo e supereremo quota 1 milione di ingressi. E siamo ancora alla genesi della stagione. Viaggiando a questa media spettatori la stagione 2024-25 potrebbe toccare i 32 mila tifosi a gara, superando i 30.967 del 2023-24, l’annata con più fan sugli spalti dal 1997-98 a oggi. Ventisei anni fa, quasi al culmine dei gloriosi Novanta, la Lega Calcio registrò una media di 31.223 persone per ciascun incontro. Questo campionato ha il potenziale per fare ancora meglio, sfruttando l’onda lunga di un ritorno verso gli stadi che qualcuno definirebbe fisiologico dopo la chiusura forzata della pandemia e la lenta ripresa a capienze limitate. Durante la fase più dura del Covid ai tifosi è stato tolto forzatamente lo stadio, con tutte le sue occasioni di socialità: la reazione è stata veemente, come accade in ogni dinamica umana dove ci si rende conto del valore di una cosa solo quando non la si possiede più. 

Il risorgimento dei tifosi allo stadio

Ora la palla passa alle società, soprattutto a quelle che osservano il dito mentre le statistiche indicano la luna: chi approfitterà di questo Risorgimento all’italiana del tifo alzando alle stelle i prezzi dei biglietti (qualcuno lo sta già facendo) farà anche gli interessi propri, assolutamente legittimi, di certo però crea un danno al sistema. Che per sopravvivere non ha soltanto bisogno di liquidità immediata, ma anche di un’eredità sentimentale che il rito della domenica - ma anche del venerdì, del sabato e del lunedì - sa coltivare e far maturare nel tempo meglio di qualunque altra operazione di marketing. Questo fenomeno collettivo lo chiamiamo “tifo” e i sociologi arrivano a spiegare che non c’è niente di male a collegarlo alle dinamiche di una malattia: oltre a essere contagioso e trasmissibile, come la famosa febbre talvolta esalta e in altri casi deprime. Rende emotivamente instabili e irrazionali. In un’altra parola: vivi. 

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