Addio Dybala: Serie A o Techetechetié?

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
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Nostalgia della Serie A dei tempi d’oro? Quella dei campioni autentici e delle fortissime emozioni? Tranquilli: per gli abbonati alle pay tv e allo stadio la Lega calcio sta preparando un super programma: Techetechetié, una serie di videoframmenti tratti dallo sterminato archivio del pallone che conduce gli appassionati in un viaggio nel passato alla riscoperta di tornei storici e fuoriclasse indimenticabili. Altro non ci resta. O, almeno, così sembra in questa estate di privazioni, epurazioni e shock. Se ne va anche Paulo Dybala. Insieme a Szczesny, Chiesa, Giroud, Zirkzee, Calafiori, Luis Alberto, Immobile e, forse, Osimhen. Prosegue inarrestabile l’impoverimento tecnico e emotivo di un campionato che non riesce a far crescere i giovani italiani e si libera volentieri dei pochissimi fenomeni in grado di insegnare qualcosa a chi, tra i nostri ragazzi, ha la fortuna di essere preso in considerazione da allenatori e società. Come tanti di voi sono cresciuto in un calcio che ingaggiava Maradona, Zico, Boniek, Platini, Careca, Falcao, Van Basten, Gullit, Klinsmann, Cerezo, Rummenigge, Matthäus. E poi Zidane, Figo, Ronaldo, Ronaldinho e addirittura Cristiano. Un calcio che dall’appassionato avrebbe potuto pretendere e ottenere anche l’abbonamento per seguire gli allenamenti. Un calcio che partecipava ai Mondiali e con i ragazzi formatisi dietro ai top riusciva perfino a vincerli. Non sempre, ogni tanto.

Ma almeno li giocava. Mi è stato insegnato che chi produce spettacolo ha il dovere di investire per offrire al pubblico, il cliente che paga, i migliori interpreti. Da troppi anni ormai questo principio elementare dello showbusiness non viene rispettato dai nostri presidenti che hanno perso il gusto di emozionare, verbo che non può essere coniugato dai fondi d’investimento d’altro genere. E non dico del cuore, rimasto ormai un gesto da campo, le dita riunite per un messaggio amoroso alla wag di turno. Le corna? Restano al tifoso innamorato che la maglia l’ha comprata per un sogno e adesso può buttarla. Dubito che chi prendeva per i fondelli Massimo Moratti, “colpevole” di aver messo un miliardo e duecento milioni nell’Inter (senza prezzo il suo Triplete), si sia divertito nello stesso modo con Zhang, considerato il finale di partita. Ho portato l’esempio dell’ex presidente dell’Inter, ma avrei potuto citare Berlusconi, Sensi, Cragnotti, Tanzi e Gazzoni evitando - per pudore - di soffermarmi su chi è venuto dopo di loro. A chi replica che alcuni sono poi falliti, rispondo non certo per il calcio.

L’ultimo colpo al cuore l’ha inferto Paolino la Joya: talento puro ma anche ragazzo tormentato e tormentoso. Dopo 21 giorni di riflessioni - la proposta dell’Al-Qadsiah è arrivata al club il 31 luglio, pochi istanti prima che scadesse la clausola dei 12 milioni - ha deciso di sparire dalla circolazione, liberando i Friedkin dello stipendio più alto (8 milioni più 2 di bonus e rinnovo per un altro anno col 50% delle presenze). La Roma l’ha lasciato andare temendo che se l’avesse trattenuto avrebbe dovuto gestire un giocatore costoso, deluso e non sempre a posto fisicamente (mah). In questi giorni ho sentito entrambe le campane almeno cinquanta volte (era di difficile gestione l’uscita della Joya, specie poi a fine agosto) giungendo alla conclusione che, oltre al campionato, l’altra vittima effettiva di questa operazione è il tifoso della Roma: Dybala, spinto dal suo agente-non-agente Carlos Novel, se ne esce con 70 milioni in tre anni, mentre da parte sua il club registra una partenza alla quale si era preparato spendendo 30 milioni per Soulé, omologo del connazionale e di dieci anni più giovane. E noi, in bolletta. Ormai le passioni non valgono più niente.


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