Quelli che friggono

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
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Dieci giorni all’inizio del campionato e c’è chi dice di aver visto Inzaghi stravaccato su una panchina di Appiano, le gambe allungate, gli Oliver People appoggiati sulla fronte, il sigaro in bocca e la Settimana Enigmistica aperta alla pagina cruciverba del figlio del leggendario Bartezzaghi. Uno orizzontale: iniziali del presidente dell’Inter; facile: “GM”.  

Simone la squadra l’ha pronta da mesi: due buoni per ruolo e la distanza di 19 punti sulla seconda accumulata nell’ultimo torneo, vantaggio che qualcosa vorrà pur dire. Oltretutto nel giro di pochi mesi il campione d’Italia ha visto sparire colleghi tra i più esperti e temibili, quali Allegri, Mourinho, Pioli e Sarri. Un altro big, Spalletti, continua ad avere pensieroni azzurro tenebra mentre il prepensionato(si) Ranieri avrebbe potuto costituire un ostacolo nella singola partita, non nella corsa al titolo.  
C’è anche chi diffonde le solite, antipatiche voci da dentro, secondo le quali Motta, Conte, Palladino e Italiano non sarebbero altrettanto sereni. Non potrebbero esserlo: si ritrovano con i cantieri apertissimi e i direttori sportivi ridotti a umarell. In uscita si muove poco o nulla, figuriamoci in entrata. 
A Thiago, impegnato ieri dalla Next Gen - con la squadra dei fuori rosa avrebbero potuto organizzare un bel triangolare - mancano ancora un difensore (Todibo), un centrocampista (Koopmeiners), un esterno d’attacco (Galeno, Nico o Sancho) e - aggiungo io - una punta, visto che Chiesa e Milik risultano esterni anche al progetto e Kean è stato venduto alla Fiorentina. 
Giuntoli incontra, abbozza, telefona, rinnova, fa il possibile per accontentare il tecnico brasiliano dal carattere non facile. Che frigge. 
Problemi simili, se non superiori, li sta vivendo Conte, il cui mercato è frenato da Osimhen, l’esubero gold da 130 milioni: Antonio, che sabato affronta il primo impegno ufficiale col Modena in coppa Italia, aspetta Lukaku, Gilmour, Neres, Brescianini e, possibilmente, un portiere. 
I portieri il Bologna li ha, e di garanzia, anche se la prima uscita di Ravaglia non è stata brillantissima; altri sono i ruoli scoperti: due difensori, sempre che Hummels non decida di accettare l’offerta di Sartori prima della Befana, un centrocampista (Moro è sul mercato) e un esterno. La Champions, attesa da quasi sessant’anni, impone investimenti più elevati perché nessuno ha voglia di andar per schiaffi in Europa. Saputo gradirebbe inoltre assaporare il gusto della finale di coppa Italia, traguardo assai familiare a Italiano.  
Nell’ex terra di Vincenzo, Raffa Palladino sembra insoddisfatto del portiere, bravo con le mani ma scarso con i piedi (costruiamo dal basso, signori, è il presente). Ha però riabbracciato Colpani, sta per ricevere Gudmundsson e si aspetta un altro centrocampista. Pradé sonda, sa tutto di tutti e talvolta sbatte contro società brave ma lente o difficili da decrittare.  
Qualche sofferenza anche per Gasperini, dopo l’infortunio di Scamacca. Le sue urgenze, un centravanti di ruolo e un centrocampista. Gasp vorebbe anche altro per puntare finalmente al bersaglio grosso. 
Nella capitale nessuno è del tutto sereno: De Rossi e Baroni vivono tuttavia alla giornata. Daniele ha chiesto un esterno d’attacco da piazzare a sinistra, un centrale difensivo, un centrocampista di gamba e cavalli e un terzino destro. Soulé, Dovbyk, Le Fée e Dahl sono le prime, importanti pedine della rifondazione, per completare l’opera servono necessariamente alcune uscite, in primis quelle di Abraham, Karsdorp, Bove. 
L’asceta Baroni tace e lavora. A un tecnico al quale otto mesi fa smontarono e rimontarono la squadra serve ben altro per perdere la pazienza.  
È evidente che sul piano della qualità la Lazio lasci molto a desiderare. Ma non escluderei sorprese lotitiane di fine agosto. 
L’unica certezza per chi vive di risultati, direbbe Soriano, è un insoddisfacente presente. 


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