Quel Sud senza più calcio

In Nazionale è rimasto solo Donnarumma, le società giovanili stanno scomparendo, in alto resiste il Lecce e appena 12 calciatori nati nel Meridione hanno calcato i campi  (pochi con successo) del campionato di A. Anche il pallone, un tempo democratico, segue la traiettoria di un’Italia a due velocità
Quel Sud senza più calcio
Giorgio Marota
7 min
È sparito il pallone dal Sud. Qualcuno l’ha portato via in una notte di mezza estate, avvolta da un silenzio colpevolmente complice, mentre le strade si svuotavano della sana passione dei bambini e le società iniziavano a mettere i lucchetti ai centri sportivi perché tramortite dalla crisi. Dicono che il calcio sia diventato un passatempo per anziani un po’ ovunque in questa nostra penisola che invecchia; e che i giovani preferiscano gli highlights perché in un giro di lancette possono farsi riassumere da YouTube le emozioni dilatate altrimenti in 90 o in 120 minuti di partita. Nord, Centro e Sud condividono le stesse sfide generazionali, eppure è nel Mezzogiorno che la siccità da calcio sembra annidarsi fin dentro le viscere di una terra sempre più arida di campioni. 

C’ERA UNA VOLTA IL SUD. Dimenticate i Selvaggi, gli Schillaci, i Gattuso, i Cannavaro, i Miccoli, i Cozza e i Causio che in varie epoche hanno rappresentato il Meridione sui palcoscenici più prestigiosi, ma anche le favole di Cavese, Foggia, Catanzaro, Bari, Avellino, Catania, Palermo e Reggina, solo per citarne alcune, dimostrazioni concrete di come non servano per forza dei titoli per entrare nel cuore della gente. Il Lecce di Sticchi Damiani è attualmente il Polo Sud di una Serie A che ha perso anche la Salernitana, incrementando viceversa il contingente nordico con Parma, Como e Venezia. Il Via del Mare è la “linea Maginot” di popoli che non producono più talento anche perché i costi degli affitti, delle utenze, delle trasferte e del personale stanno decimando le associazioni a corto di risorse. La riforma del lavoro sportivo, con tutti gli oneri che ne sono seguiti, per molti è stata la pietra tombale sull’attività.  
 
SICCITÀ. Tra Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia vivono oggi 12 milioni di persone, un quinto della popolazione italiana. Questo bacino non ha prodotto un solo calciatore per la Nazionale che ha partecipato agli Europei in Germania. Da queste terre provengono soltanto 12 atleti iscritti alla Serie A 2023-24: di fatto, ce la fa uno su un milione. Tra questi, quattro hanno collezionato minutaggi irrisori: il molisano Borrelli e il calabrese Canotto rispettivamente 20 e 14 minuti con il Frosinone retrocesso, il pugliese Castrovilli 400’ dopo l’infortunio e il siciliano Corona appena 4’ nell’Empoli. Si sono fatti valere Gallo (Lecce) per la Sicilia, Viola (Cagliari), Berardi prima del ko fisico (Sassuolo) e Garritano (Frosinone) per la Calabria e poi Vogliacco (Genoa), Monterisi (Frosinone), Luperto e Caputo (Empoli) per una Puglia che avrebbe i numeri per essere un’eccellenza con le sue 303 società pur essendo fuori dalla top 5 delle regioni con più club giovanili. La Sardegna tiene duro con 128 realtà e continua a seguire la via dell’appartenenza come i Paesi Baschi in Spagna, mentre la Campania è scesa a quota 81 società e continua a ridurre sensibilmente di anno in anno pure la sua presenza nel massimo campionato (19 calciatori nell’ultima stagione). Donnarumma e Insigne sono già lontani dalla Patria, Immobile è appena emigrato in Turchia e tutti loro, insieme a Berardi, Barella, Verratti, Spinazzola e Bonucci, rappresentavano l’ossatura della squadra campione d’Europa a Wembley tre anni fa. Semplificando storie e percorsi li abbiamo chiamati “scugnizzi”, in ritiro convinsero tutti i colleghi a scatenarsi sulle note del tormentone “Ma qual’ diet’? Me piacene e purpett, m’ piac’ a cotolett!”, la colonna sonora del trionfo. 
 
DIVARIO. Il calcio, un tempo democratico, ha seguito la tendenza demografica e socio-economica di un Paese che viaggia a due velocità. Prendiamo come esempio il Pil pro capite: è pari a 33,4 mila euro nel Centro-Nord e a 18,5 mila euro nel Mezziogiorno, con gli estremi rappresentati dai 40 mila del Trentino Alto Adige e dai 16 mila della Calabria. Nella Serie A 2024-25 Cristo si fermerà a Empoli: soltanto Roma, Lazio, Cagliari, Napoli e Lecce giocano a Sud dal Castellani. La sola Lombardia ospiterà un quarto delle società (Inter, Milan, Atalanta, Monza e Como) mentre continua a rappresentare, parallelamente, quasi un quarto (22%) del Pil italiano. Il divario è enorme anche sul lavoro: il tasso di occupazione nel Nord (69,4%) è di 21 punti superiore a quello del Mezzogiorno (48,2%), viceversa il tasso di disoccupazione nelle regioni meridionali è circa tre volte superiore (14% contro 4,6%).  
 
CRISI. I dati della Figc sulle scuole calcio élite di primo, secondo e terzo livello ci permettono di fare un confronto tra zone con lo stesso numero di abitanti. Nelle province di Palermo e Brescia ci sono 1,3 milioni di abitanti, eppure nel capoluogo siciliano le scuole calcio sono 29 mentre nell’hinterland della città lombarda se ne contano 66. Stesso discorso per Bergamo e Salerno: 139 strutture da una parte, 17 dall’altra. A Venezia e provincia una famiglia può decidere dove portare il proprio figlio tra 72 diverse asd e ssd, mentre a Lecce tra 64, e a Caserta e Cosenza a malapena tra 7 e 17. Lotta impari anche tra Cuneo e due perle del Sud come Taranto e Reggio Calabria: qui vivono tra le 550 e le 600 mila persone, però nella città piemontese le società sono 45, in quella pugliese si fermano a 23 e in quella calabrese il conto non va oltre quota 4.  
Siccome però tutto il mondo è Paese, i dati sul mancato utilizzo dei giovani sono allarmanti a tutte le latitudini e fotografano la crisi azzurra. Nella classifica dei primi 20 calciatori U20 più impiegati nei diversi campionati non c’è neppure un italiano; il primo è Kayode della Fiorentina, nato a Borgomanero in provincia di Novara, in posizione numero 100. La Nazionale va male anche perché pesca nel campionato con il maggior numero di stranieri rispetto agli altri tornei “big 5” (61,7%), agli ultimi posti in Europa per minuti giocati dai calciatori cresciuti in casa (5,5% contro il 19,6% della Spagna campione d’Europa). Il numero dei selezionabili per Spalletti era tra i più bassi in assoluto e gli Under 21 azzurri, in media, avevano un minutaggio sotto al 3%. Senza il contributo del Sud, un movimento che annaspa rischia di andare letteralmente alla deriva.

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