Mulé: “Il calcio esca dal Medioevo”

Il vicepresidente della Camera è il firmatario dell’emendamento sull’autonomia della Lega  che ha spaccato il sistema
Mulé: “Il calcio esca dal Medioevo”© ANSA
Giorgio Marota
6 min
L ’esempio del condominio descrive forse meglio di tanti altri l’approssimazione che dilaga nel nostro calcio sgangherato. Il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé, lo sceglie per motivare la sua battaglia sull’autonomia della Serie A: «Se su dieci appartamenti ne posseggo nove, è mai possibile che in assemblea devo votare come se fossi proprietario di uno soltanto?». Il suo emendamento al “dl sport” ha spaccato l’opinione pubblica più dei gol di Freuler e Vargas in Svizzera-Italia. Due giorni fa è stato approvato alla Camera dopo una revisione che ne ha stravolto gran parte dei contenuti, lasciando però intatto il senso profondo della norma: più potere politico a chi manda avanti il carrozzone. 
 
Onorevole Mulé, perché secondo lei la Serie A dovrebbe essere autonoma dalla Figc? 
«La Serie A paga 1,2 miliardi di tasse, fa girare i soldi della mutualità, accende l’interesse sul nostro calcio, ma vota ed è rappresentata in Figc per il 12%. È mai possibile? Il mio sforzo nasce da questa considerazione. E vi dirò di più: non con l’idea di colpire Gravina, l’ho presentato il 25 giugno prima del disastro degli Europei». 
 
Dicono ci sia la mano del senatore Lotito, avversario di Gravina e suo collega in Forza Italia. È così? 
«Chi lo pensa si copre di ridicolo. Claudio mi ha chiamato a cose fatte: “A Giò, fai una cosa del genere e non mi dici niente?”. Casini l’ho conosciuto solo di recente. Non tutti sanno che quello della rappresentanza è un mio cruccio».  
 
Si spieghi meglio. 
«Da due anni sto conducendo una battaglia affinché i gruppi sportivi militari siano rappresentati nel consiglio del Coni. La legge è pronta, se solo Malagò riuscisse a trovare 34mila euro dal bilancio per dare dignità a chi porta il 40% delle medaglie olimpiche al nostro Paese». 
 
La Figc ha visto l’emendamento come una provocazione. 
«La Federcalcio è come la famosa foresta pietrificata. E lo sport italiano ha il vizio di difendersi dietro la bandiera dell’autonomia, mentre vive in una selva impenetrabile fatta di privilegi e rendite». 
 
A poche ore dall’esame del testo sono intervenute anche Uefa e Fifa, minacciando sanzioni e la cancellazione dell’Europeo 2032 in Italia. 
«Parliamo delle stesse organizzazioni che mentre in Russia incarceravano gli omosessuali e in Qatar coprivano il numero di morti per la costruzione degli stadi si voltavano dall’altra parte? Beh, quella lettera lascia il tempo che trova: se fossimo in un ambito diverso da quello sportivo corrisponderebbe a una minaccia al corpo dello Stato». 
 
Hanno parlato di «indebita influenza nata per interessi delle componenti più potenti». 
«Se ci fosse stato un problema così grave, perché non hanno mai avviato un dialogo con me o con il Parlamento?». 
 
Uefa e Fifa comunicano solitamente con la Federcalcio.  
«Anche Gravina non ha mai avviato un confronto con il sottoscritto. Il Parlamento è sovrano in Italia, non lo sono viceversa organizzazioni private con sede in Svizzera. Se la casa andava a fuoco come dicono, perché non sono intervenuti prima?». 
 
Quella comunicazione ha contribuito ad ammorbidire il testo? 
«No, già cinque giorni fa era stato definito in tutte le sue parti». 
 
Perché ha optato per l’urgenza del decreto legge?  
«Dal momento che Gravina annuncia le elezioni il provvedimento diventa di conseguenza necessario e urgente, perché i pesi elettivi vanno ricalibrati». 
 
La Serie A è ferma al 12%, a quanto potrà arrivare? 
«Immagino al 23». 
 
Un incremento dovuto al suo maggior peso economico. Gravina, e non solo lui, sostiene che in questo modo si mortifichino però il volontariato e l’impatto sociale del calcio. 
«Hanno descritto la Serie A come un covo di barbari. Siamo d’accordo che la mortificazione dei vivai e del volontariato equivalgono alla fine del calcio. Ma la A, in qualsiasi caso, non avrebbe una percentuale tale da dominare la federazione perché alle altre componenti resterebbe il 77%. E poi che interesse avrebbe la Lega ad affossare tutto quello che ha intorno?». 

La Confindustria del pallone traina il sistema, produce però anche una quantità spropositata di debiti e perdite. 
«Giusto, e siamo preoccupati. Anche per questo motivo, nell’emendamento il Mef ha voluto introdurre un principio di natura fiscale e contributiva secondo il quale per accedere alla compensazione dei trasferimenti delle leghe le società dovranno essere in regola con l’erario e non avere cartelle esattoriali non pagate».  
 
Il messaggio che passa è? 
«Cara Lega, è giusto che tu debba avere un’equa rappresentanza però devi anche dare l’esempio e metterti in regola». 
 
Centralità delle federazioni e potere delle leghe: sembra non esserci un compromesso. 
«Invece c’è. Il presidente della Fip Petrucci ha detto al vostro giornale che anche lui sarebbe favorevole all’autonomia delle leghe». 
 
Nella revisione del testo, però, sono sparite due rivoluzioni: il veto della Serie A sulle delibere federali e i ricorsi contro Coni e Figc direttamente al Tar. 
«Ce lo aspettavamo. Molte cose potranno confluire in un disegno di legge sul quale il ministro Abodi cercherà coesione e armonia con le componenti. Siamo solo al prologo di un lungo film». 
 
Mulé, teme di aver diviso ulteriormente un mondo già spaccato e litigioso? 
«Abbiamo una Nazionale che ci ha fatto vergognare, da anni si parla di riforme ma nessuno le fa. Il calcio deve uscire dal Medioevo. Questa proposta non significa assoggettarsi ai più ricchi, bensì creare le condizioni per crescere». 


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