Una follia. O, se preferite, un’altra vergogna nazionale, qualcosa che offende il comune senso del pallone. E allora penso a cosa potrà succedere a partire da agosto quando avremo cinque squadre in Champions, se non addirittura sei, tre in Europa League, una in Conference e due delle nove o dieci - Inter e Juve - al Mondiale per club in programma dal 15 giugno al 13 luglio 2025. Già così, a fine aprile, con due italiane in Europa League, una in Conference e l’Europeo a metà giugno, si sono oltrepassati i confini dello sport e del ridicolo: la Lega ha infatti preteso la rigida applicazione del regolamento, costringendo Udinese e Roma a giocare una ventina di minuti nel periodo meno indicato per entrambe, impegnate una nella corsa salvezza e l’altra in un paio di inseguimenti: al posto Champions e alla finale di Euroleague.
Lo stiamo ripetendo da anni: il calcio è finito nelle mani di chi di calcio, di sport e di sistema non capisce, o non vuole capire, una fava.
Stasera la Roma, fatto il suo bel viaggetto in Friuli, si gioca parte del futuro in un quarto di partita, una sveltina. La seconda assurdità, non meno rilevante della prima, risiede nella composizione delle squadre e nelle panchine: De Rossi, che il 14 aprile stava pareggiando 1-1 con l’Udinese di Cioffi grazie al gol di Lukaku, affronta l’Udinese di Cannavaro ovviamente senza Lukaku, infortunatosi in coppa. E andiamo!
Ma le differenze/incongruenze non si esauriscono qui. A fine campionato la Roma avrà affrontato tre differenti Udinese, non due, e tutto questo perché il calendario non le consentiva di restare qualche ora in più da quelle parti per completare l’incontro il giorno dopo, come sarebbe stato giusto.
Prepariamoci ad assistere a un accenno di Udinese-Roma anche con la curiosità di verificare quanti minuti di recupero verranno dati dall’arbitro: questo paradossale particolare mi porta a ripensare ai Pooh: Dammi solo un minuto/ Un soffio di fiato/ Un attimo ancora/ Stare insieme è finito/Abbiamo capito/ Ma dirselo è dura.
È dura, anzi durissima, dover accettare, senza poter far nulla, questo scempio dei contenuti tecnici e spettacolari di uno sport che non aveva bisogno di chirughi plastici.