Bentornati alla sagra dell’autoflagellazione dove Cannavacciuolo potrebbe tranquillamente ammettere che nel suo ristorante si mangia malissimo e Amadeus che le canzoni di Sanremo fanno schifo. Ieri, leggendo i giornali, ho pensato a come avrebbero potuto reagire alcune icone della storia della pubblicità - che so, Ray Rubicam, William “Bill” Bernbach, Charles Saatchi e i nostri Emanuele Pirella e Gavino Sanna - di fronte allo sputtanamento pubblico della serie A attuato dai suoi stessi dirigenti. Tipo il senatore Lotito che, su Repubblica, ci ha dato giù di brutto: «Facciamo causa alla Figc per avere una serie A modello Premier. Noi presidenti non contiamo nulla, sembra di tornare indietro di due anni». A quando bocciarono l’ingresso dei fondi e la media company?
Puntuale anche l’assalto di De Laurentiis alla diligenza o, se preferite, alla dirigenza. Dopo aver stabilito che «la Juve non può andare al Mondiale per club poiché è stata esclusa dalle coppe», il presidente del Napoli ha affermato che «arbitri e agenti sono un cancro». Chissà come l’avranno presa Jorge Mendes e il buon Giuffredi, a lui vicinissimi. Più moderato, ma altrettanto incisivo, il neo dirigente del Milan Ibrahimovic che ha condiviso con Gerry Cardinale un’intervista di 40 minuti al forum organizzato a Londra dal Financial Times: «Con tutto il rispetto per la serie A, penso che sia indietro di due anni» ha detto Zlatan «un ritardo che riguarda tutto l’ambiente». Cardinale ha poi espresso valutazioni non proprio esaltanti sulla sua squadra.
Tra i critici più severi si è sempre distinto Rocco Commisso, che smonta con decisione e argomenti inattaccabili il sistema Italia: «Sono anni che chiediamo trasparenza e regole uguali per tutti, ma quasi nulla è cambiato e ci troviamo a dover competere con club indebitati fino al collo che agiscono come se nulla fosse. Dopo il Covid e la questione Superlega ci sono società che stanno ricorrendo a continui aumenti di capitale con esposizioni debitorie ancora notevoli. Auspico che finalmente qualcosa possa cambiare perché le società che rispettano ogni singola regola e non hanno un euro di debiti, non possono essere equiparate a quelle che riescono a sopravvivere solo per la mancata applicazione di norme precise».
In una fase storica come l’attuale, in cui il nostro calcio di club avrebbe bisogno di un minimo di stabilità e nel quale il ranking ci sta premiando al punto che sono ipotizzabili 5 italiane in Superchampions, i presidenti massacrano puntualmente il prodotto. Quale appeal internazionale potrà mai avere la serie A di fronte a una demolizione dall’interno? E come la possono prendere le tv che ogni anno sborsano centinaia di milioni per i diritti di trasmissione delle partite? Proprio Bill Bernbache spiegò che «la pubblicità non è una scienza. È persuasione. E la persuasione è un’arte». Ecco, alla nostra Lega mancano gli artisti.