La testa di Rocchi

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport-Stadio
Ivan Zazzaroni
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Sono preoccupato per la testa di Gianluca Rocchi e, di riflesso, per il campionato. Perché nell’imborghesitissimo mondo arbitrale è in atto una guerra di potere e ruoli: contrasti “politici”, squilibri e capricci che disturbano (eufemismo) l’operato del designatore toscano, togliendogli le necessarie tutele e la tranquillità, già in parte fisiologicamente compromessa da alcune discutibili direzioni dei suoi.  
Da mesi - grazie a Edmondo Pinna, il nostro super esperto di arbitri e derivati - raccogliamo informazioni, voci e spifferi relativi a una profonda spaccatura nell’Aia sulla quale, di recente, le Iene hanno costruito una serie di servizi ulteriormente destabilizzanti.  
Il settore è in piena confusione: invece di trasmettere un’immagine di compattezza e stabilità, incoraggia divisioni, congetture e sospetti che danneggiano l’intera categoria e la serie A. 
Certamente stimolante è la dialettica interna, molto meno la presenza ormai consolidata - e puntualmente rinnovata - di un governo provvisorio e un’opposizione fin troppo attiva: indimenticabile il tentativo di metterli insieme con il doppio designatore (Bergamo e Pairetto, remember?) che portò a Calciopoli. 
Un’organizzazione così delicata non può permettersi - che so - Pacifici, Zaroli, Archinà, Affinito e Zappi da una parte e Katia Senesi, Mazzaferro, Camiciottoli e Marconi dall’altra, questi ultimi legati - si dice - a Alfredo Trentalange e Duccio Baglioni. Perché nel mezzo ci finisce inevitabilmente il povero Rocchi, il tecnico che sceglie le sestine e forma giovani.  
Anche per questo le sezioni - che hanno funzione elettorale - dovrebbero responsabilizzarsi maggiormente sviluppando politiche comuni. 
La federcalcio, che è garante della regolarità dei campionati, fatica, in questa fase storica, a svolgere la funzione di regolatore: ha altri problemi da risolvere e avversari da affrontare, purtroppo, sui classici temi legati a poltrone, potere, denaro. 
Domanda innocente: la pace passa per caso dalla testa di Rocchi? Tagliata quella, gli arbitri troverebbero la strada dell’unità? La risposta è no; no, se permangono le condizioni attuali: l’eventuale successore si ritroverebbe infatti nella stessa, identica situazione. Tra due fuochi. 
A cosa ambisce chi sta minando nell’ombra la serenità della categoria? E perché non esce mai allo scoperto? Non posso escludere che abbia ragioni da vendere. Aggiungo che nei giorni scorsi è tornato d’attualità il tema dell’autonomia arbitrale. Gran bella cosa. Anche perché se l’Aia finisse sotto il cappello della Lega sai che disastro: 20 club esprimono altrettanti interessi individuali e quindi divergenti.  
Paolo Casarin, guru del settore, ha descritto la figura dell’arbitro evidenziandone personalità, qualità, difetti, ambizioni, permalosità. Un ritratto non proprio esaltante, ma che dovrebbe indurre i protagonisti a individuare un unico percorso di crescita. Sono sicuro che, se posto nella condizione di lavorare, Rocchi risulterebbe uno dei migliori designatori di sempre. Di errori ne ha commessi, ma è troppo esposto a venti contrari per riuscire a consegnare al campionato direzioni non dico perfette, ma almeno puntuali. 


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