Inter e Juve vanno oltre Lukaku e corrono verso lo scudetto

Lautaro e compagni a punteggio pieno dopo il 5-1 sul Milan, Bianconeri belli e solidi. Il derby d’Italia può tornare decisivo per il tricolore
Alberto Polverosi
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ROMA - Cos’hanno in comune Thuram e Vlahovic? Banalmente i gol, e le prestazioni, che sabato sera hanno portato le loro squadre al primo e al secondo posto della classifica. Ma hanno pure qualcos’altro che li lega: l’eredità, in un caso reale, nell’altro virtuale, di Romelu Lukaku. Per quanto si è visto in queste prime quattro giornate, Inter e Juventus non hanno sbagliato a scegliere il figlio di Lilian come vice del belga e a confermare il serbo dopo il vano tenativo di uno scambio col Chelsea fra i due attaccanti. Per evitare equivoci meglio precisare che l’ex borussiano era arrivato alla Pinetina già prima della vicenda-Lukaku e che Dusan avrebbe lasciato la Juve, per fare posto a Lukaku, soprattutto per una questione economica: per Allegri, in caso di cessione dell’ex viola, Romelu sarebbe stato il sostituto ideale. Ma è andata così ed è andata bene per tutt’e due.

La storia

Chissà, con Lukaku al posto di Thuram o al posto di Vlahovic magari Inter e Juventus sarebbero state ugualmente ai primi posti della classifica, però la realtà è che oggi quei due sono già fondamentali in una corsa che si preannuncia di fuoco e fiamme. Una corsa vecchia di molti anni. Per trovare l’ultima volta che nerazzurri e bianconeri si sono sfidati per lo scudetto fino all’ultima giornata dobbiamo tornare all’indimenticabile (sia per gli uni che per gli altri...) 5 maggio 2002, con la Juve che vincendo a Udine sorpassa l’Inter battuta all’Olimpico dalla Lazio. Erano la Juve di Del Piero e Nedved e l’Inter di Ronaldo e Vieri. Altri tempi. Nel ventennio successivo qualche volta si sono avvicinate, come nel 2019-20 con la Juventus prima con 83 punti e l’Inter seconda con 82, ma i bianconeri avevano vinto lo scudetto con due giornate d’anticipo, quando i nerazzurri erano a -7. Di sfida vera ce n’era stata poca.

Il presente

Possono tornare davvero quei giorni? Le prime quattro partite di questo campionato fanno pensare di sì. L’Inter sta volando, prima a punteggio pieno, la Juve quasi, le altre accusano i primi colpi. Come la Lazio che ha già perso tre volte (troppe), il Napoli che dalla capolista è già staccato di 5 punti (troppi) e il Milan che al primo scontro diretto ha preso 5 gol (troppi anche questi). Inter e Juve sembrano le più solide, le più concentrate, con una duplice differenza che favorisce in un caso Inzaghi e nell’altra Allegri. Il punto a favore di Simone è la ricchezza del suo organico, il migliore e soprattutto il più completo della Serie A. Quello a favore di Max è il calendario che, suo malgrado, gli ha tolto la Champions e le altre coppe e gli permette di orientare e allenare la squadra su un solo impegno settimanale, oltre la Coppa Italia.

Gli allenatori

Che il calcio metta chiunque sotto esame lo sanno bene proprio i due allenatori di Inter e Juventus. A Inzaghi non erano bastate due Coppe nazionali, due Supercoppe e una finale di Champions persa, ma giocata alla pari (e a tratti meglio) del Manchester City, per ottenere ampi consensi interni ed esterni alla Pinetina. Col derby di sabato, e col conseguente primo posto in classifica, ha superato un altro esame, forse quello definitivo. La mossa-chiave è stata la marcatura efficace del doppio regista di Pioli, con Lautaro su Calabria e Thuram su Krunic, così il 3-2-2-3 di partenza del Milan è stato inaridito e bloccato dall’atteggiamento degli attaccanti dell’Inter. Risultato: le due mezze ali, Loftus-Cheek e Reijnders, sono state tagliate fuori dal gioco. È l’idea di un grande allenatore. Per Allegri il secondo posto non basterà a far tacere le bocche da fuoco che si nascondono fra i tifosi della Juventus. È uscito indenne da una settimana complicata (ormai c’è abituato) con le bordate di Bonucci e le notizie su Pogba, ha ricostruito sul campo la coppia viola Vlahovic-Chiesa avvicinando Federico all’area e portandola al gol (tre), ha rimesso a nuovo una squadra vecchia (la solita squadra), ma ancora non basta. E lui lo sa. Due allenatori sotto esame da almeno un paio di anni sono al primo e al secondo posto del campionato. Il calcio è davvero un’opinione.


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