Una cinquina d’autore

Inzaghi massacrato a giorni alterni, Allegri senza soluzione di continuità. A Mourinho è stato dato dell’incapace. Italiano ha vissuto un terribile inizio. A Pioli non è stato perdonato il campionato
Una cinquina d’autore
Ivan Zazzaroni
5 min

Li hanno criticati, esonerati, riassunti, coccolati, ri-licenziati, esaltati di nuovo, offesi, sputtanati anche. Ne hanno censurato le scelte non solo tecniche, i metodi, il passato, presente e futuro, perfino i comportamenti. Hanno avuto da ridire anche sui loro caratteri, nonostante i cinque siano molto diversi l’uno dall’altro. Non ho bisogno di spiegare chi ha colpito duro per poi riprendersi con piroette memorabili: posso soltanto chiarire che è gente - giornalisti, opinionisti, piazzisti, luogocomunisti, ininfluencer - capace di alimentare un’antipatia pericolosamente vicina all’odio. Mi limito a indicare in ordine alfabetico i bersagli ai quali sono state conficcate decine di frecce avvelenate: Massimiliano Allegri, Simone Inzaghi, Vincenzo Italiano, José Mourinho e Stefano Pioli. Potrei aggiungere Ancelotti e Spalletti, ma i due hanno fatto campagne a prova di appunto, giusto Carlo in campionato... Gasperini lo tengo fuori dalla lista soltanto perché l’Atalanta gode di un’attenzione mediatica (e critica) inferiore: resta un valore tecnico assoluto.

Il lavoro di Allegri

Parto da Allegri. L’altro giorno un personaggio molto influente nella catena juventina mi ha detto che «se al posto di Max avessimo avuto un altro allenatore, per come è andata la stagione, per le difficoltà incontrate dal vertice societario, presto decapitato, oggi saremmo noni o decimi e fuori anche da coppa Italia e Europa League». Concordo. Allegri ha sopportato in silenzio, ha tenuto insieme la squadra con la colla vinilica ed è ricorso alle scelte giovani nel pieno rispetto delle indicazioni e delle necessità del club. Ha fatto a meno di Pogba, Paredes e a lungo di Di Maria e Chiesa, ha affrontato la crisi di Vlahovic: proprio puntando all’unica cosa che conta in certi momenti, il risultato, può permettersi di inseguire ancora titoli e soddisfazioni concrete. La zona Champions gliela potrà negare soltanto la giustizia sportiva.

Inzaghi e Italiano

Inzaghi è stato attaccato non solo dall’esterno: ha sopportato cristianamente ed è sopravvissuto grazie alla Champions, alla naturale pigrizia e a una dose massiccia di educazione. Ha sbagliato qualche uscita quando è andato oltre la storia dell’Inter, ma alla fine ha ottenuto quello che negli ultimi tredici anni era mancato ad altri: la semifinale più prestigiosa. Simone è giovane, se migliorerà anche sul piano della comunicazione e capirà che per restare in alto occorre lavorare il triplo, diventerà un top. Anche Italiano non è un raffinato comunicatore e ha un’incomprensibile ipersensibilità ai social, ma ha 45 anni, idee, entusiasmo, sa lavorare e ha capito che il calcio è fatto anche di scelte impopolari. In estate gli hanno consegnato una Fiorentina piena di doppioni, pur se qualitativa: all’inizio ha faticato a capirla, poi è uscito alla distanza. La sua quota di critiche è stata elevatissima.

I miracoli di Mourinho, la crescita di Pioli

Con una meravigliosa banda di “zoppicanti” - mi riferisco alle numerose fragilità muscolari del gruppo Roma - Mourinho ha diviso le acque e moltiplicato pani e risultati (spiazzante l’atteggiamento della proprietà). Conference al primo anno, semifinale di Euroleague al secondo e un posto Champions che soltanto le assenze di Smalling e Wijnaldum potrebbero sottrargli. Sul Mou de Roma ho scritto un libro e non ho voluto un euro. Sono stato un pirla. Pioli ha vinto uno scudetto e si è confermato in Champions. È cresciuto tantissimo negli ultimi anni, il Milan gli ha dato una grossa mano. Oggi ha il giusto standing, la competenza non gli è mai mancata. Nel periodo peggiore sono state ipotizzate sostituzioni di vario genere: ha rischiato di lasciare il posto anche a Oronzo Canà. Spalletti - oscar al suo Napoli per la bellezza accompagnata dai risultati - è stato estromesso da arbitri e sfortuna: all’andata col Milan ha giocato senza Osimhen, al ritorno era privo di Anguissa e Kim e ha perso Politano e Mario Rui. Il resto l’ha fatto Marciniak. Con questo non intendo sminuire l’impresa di Pioli, la cui intelligenza tattica e il cui successo non autorizzano ridimensionamenti. Spalletti (così come Sarri) è stato anche “usato” per sminuire i Fab Five. Banale.


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