Sembra quasi di vederlo mentre al telefono, dall’altra parte del mondo, racconta col suo solito sorriso, uno dei più famosi del mondo del calcio: «Se avrò tempo credo proprio che vedrò la partita di domenica tra Roma e Napoli». Il tempo, nel caso di Daniel Fonseca, è una questione relativa: perché sembra ieri che, in Italia, indossava cinque maglie (oltre a Roma e Napoli, anche Cagliari, Juventus e Como), mentre sembra un tempo lontanissimo quello trascorso nella sua casa di Punta del Este, in solitudine, durante il lockdown. «Ero solo, ma solo davvero. Io e il mare», racconta. E nessuna compagnia? «I miei figli giocano a calcio, sono single, metto a disposizione del mondo il mio talento, ma non trovo nessuna che lo meriti, per adesso. E quindi sto così. Il calcio è sempre la mia passione principale, anzi, una delle principali». Ride, l’ex attaccante, e senza entrare nel dettaglio su quali siano le altre cose che gli piacciono («ma tanto non ve le direi»), meglio parlare di calcio. Anche perché Roma e Napoli sono state due squadre (79 partite in giallorosso, 10 in meno in azzurro), ma anche due città, molto importanti nella vita di Daniel Fonseca: 53 anni, padre di due figli, entrambi calciatori, di professione agente sportivo. Iniziamo proprio da qui.
Ha qualche giocatore interessante da segnalare?
«Sì, più di qualcuno, ma non li dico altrimenti me li rubano. Il mestiere del procuratore non è facile, bisogna sempre stare attenti, lo faccio da 18 anni e lavoro da solo». E quello del calciatore come è stato? «Bellissimo, un sogno, il più bello del mondo».
Oggi com'è la vita di Daniel Fonseca?
«La normale vita di un padre che segue i figli, lavora, viaggia per il mondo e segue tanto calcio». Quindi solo figli e lavoro, niente divertimento? «Per quello c’è sempre tempo, ve lo assicuro».
Vedrà la partita domenica?
«Se avrò tempo sì, ma penso di trovarlo. Non chiedetemi per chi tifo e neppure un pronostico, il Napoli arriva in un momento d’oro, ma occhio a sottovalutare la Roma».
Passiamo agli allenatori: chi sceglie?
«Non scelgo. Spalletti è il più bravo che c’è in Italia, ammetto di avere un debole. Ma l’avete visto come gioca il Napoli? Devastante, meraviglioso».
E Mourinho?
«Il numero uno, come lui non ci sono. È impressionante, ha vinto tutto e poi i giocatori gli vanno dietro perché un carisma così non si trova da nessuna parte».
Le sarebbe piaciuto averlo come allenatore?
«Lei che dice? A chi non piacerebbe essere allenato da Mou? Ma mi impressiona anche il gioco di Spalletti, ci tengo a dirlo».
Tra Roma e Napoli ha giocato con grandi campioni: i suoi preferiti?
«Napoli dico Careca, Zola, Ferrara e Cannavaro. Roma dico Aldair, il mio compagno d’attacco Balbo e naturalmente Totti».
Che ricordo ha di lui?
«Bastava vederlo in allenamento per capire cosa avrebbe fatto. Io ero anche sicuro che sarebbe rimasto a Roma per sempre, si vedeva proprio che era diverso, aveva tecnica incredibile e grande ritmo. Dicevo a Mazzone: “Guarda, mister, che il ragazzino è roba seria”. Ma lui lo sapeva meglio di me, potevo anche farmi gli affari miei. E poi gli ho fatto l’assist di testa per il primo gol in Serie A contro il Foggia, nella sua storia ci sono un po’ anche io. Mi dispiace per quello che sta passando».
Intende la separazione?
«Beh, sì, certe notizie arrivano anche in Sud America. Ma io preferisco non leggere troppo. Madre de dios, queste telenovelas sono proprio brutte».
Dybala e Kvaratskhelia le piacciono?
«Paulo è un grandissimo fuoriclasse, peccato si sia infortunato. Spero recuperi per il Qatar perché un artista come lui deve fare il Mondiale. Per quanto riguarda Kvaratskhelia voglio vederlo ancora un po’, ma mi sembra somigli un po’ a Neymar».
E Zaniolo?
«Un fuoriclasse esplosivo, mi fa impazzire, una vera forza della natura. Sarebbe stato bello vederlo con l’Italia al Mondiale, ma chi pensava che restassero ancora fuori».
A proposito di Mondiale: chi lo vince?
«Brasile o Argentina, in Europa attenzione a Spagna e Francia. L’Uruguay spero sia la sorpresa e arrivi tra le prime quattro, la squadra è matura per provarci».
Lo scudetto invece?
«Troppo presto davvero, richiamatemi a febbraio-marzo».
Si aspettava le difficoltà della Juventus?
«No, hanno un’anima vincente, pensavo ci mettessero meno a ritrovarla».
Cagliari, Torino, Napoli, Roma e Como: quali città le sono rimaste nel cuore?
«Cagliari perché è meravigliosa ed è stata la prima in cui mi sono trasferito in Italia, poi nelle altre ho trascorso momenti incredibili. I dodici anni in Italia sono stati bellissimi».
Dove abitava a Roma e Napoli?
«A Roma all’Eur e a Napoli a Posillipo».
Girava spesso?
«A dir la verità quasi mai. Non mi annoiavo, ecco, ma stavo soprattutto a casa mia: a Napoli sarò andato in centro tre volte, a Roma quattro. Per me non era facile godermi le città, non potevo prendere un cappuccino in pace perché la gente voleva avvicinarsi e parlare. Ma alla fine era un piacere, forse oggi me lo godrei meglio. Poi, a Roma, c’era un problema in più».
Quale ?
«I laziali».
In che senso?
«Allora: a Roma e Napoli se vincevi eri un fenomeno, se perdevi ti rompevano i co… Ma ci sta, è giusto che sia così. A Napoli, però, c’erano solo i napoletani. A Roma, se perdevi, spuntava pure qualche laziale. Per carità, erano pochissimi, ma quando stavi prendendo il cappuccino dopo aver perso non li volevi intorno».
Deduco che non sarebbe mai andato alla Lazio.
«Ma scherziamo? La Roma è un sentimento unico, non avrei mai potuto».