Vince lo scudetto chi ha la panchina più lunga e di qualità e - fattore altrettanto decisivo - un allenatore in grado di gestire l’abbondanza con intelligenza e autorevolezza. Nei 95 minuti i cinque cambi, mezza squadra, sono e fanno assolutamente la differenza, sottolineano le distanze tecniche. Allenatori e direttori sportivi lo sanno bene, e da un pezzo: non a caso sotto mercato i primi provano a migliorare il livello delle seconde scelte, che spesso seconde non sono, invitando con insistenza i dirigenti a investire sull’arricchimento della rosa nel suo complesso.
Penso ad esempio all’Inter, che può contare su - l’ordine è casuale e qualche dimenticanza tollerata - Dzeko, Correa, D’Ambrosio, Gosens, Onana, Asllani, Mkhitaryan, Darmian, Gagliardini e Dimarco. O al Milan che ha Brahim Diaz, Messias, Pobega, Rebic, Kjaer, Krunic, Saelemaekers, Florenzi, Ibra, Origi e Adli.
Il Napoli è la società che nella sessione che sta per concludersi ha maggiormente rafforzato il team delle alternative. Che oggi allinea Ndombele, Raspadori, Politano, Simeone, Elmas, Ostigard, Olivera, Zerbin e Demme.
Mourinho, che lo scorso campionato si lamentò giustamente delle ristrettezze dell’organico, ha spinto nell’ultimo mese per passare da Maitland-Niles, Fuzato, Vina, Felix, Shomurodov e Diawara a Celik, Svilar, Belotti, Matic, Wijnaldum, Zalewski (Spinazzola è rientrato a pieno regime) e al centrocampista che ancora manca (Camara). Ha chiesto anche un centrale difensivo: difficilmente arriverà.
Delle cinque candidate a contendersi i primi quattro posti la Juve è quella che sta meno bene, almeno teoricamente: considerando impiegabili i titolarissimi Pogba, Di Maria e Chiesa, dietro ci sono Arthur, Kean, Miretti, Gatti, Rugani, De Sciglio, Milik, Fagioli e Rovella. Arthur, Kean e Rugani erano peraltro dati per partenti, mentre Fagioli e Rovella potrebbero essere prestati.
Un problema simile l’ha Maurizio Sarri, impegnato anche in Europa League con una Lazio che presenta alcuni elementi di categoria superiore (Immobile, Milinkovic-Savic, Luis Alberto, Pedro, Romagnoli, Felipe Anderson, ma anche Zaccagni e Lazzari) e una serie di sostituti di discreto livello (Vecino, Basic, Casale, Radu, Hysaj, Cataldi, Cancellieri), difficilmente in grado di risolvere la partita – però – entrando dalla panchina.
Quando parlavo di tecnici abili nella gestione pensavo soprattutto alla seconda parte della stagione quando alcuni big potrebbero ritrovarsi fuori dalle coppe europee e allora l’abbondanza comporterebbe qualche rischio.
Due giorni fa l’allenatore di una squadra del lato destro della classifica mi confermava che «negli ultimi venti minuti chi può mettere dentro tanta gente di livello alto e esperienza internazionale ha quasi sempre la meglio. Noi questo vantaggio non l’abbiamo. Possiamo reggere per un’ora e passa, ma nel finale i cinque cambi hanno un’incidenza fortissima. Trascuro poi l’aspetto della sostituzione degli infortunati e degli squalificati».
Ho trovato sul web un vecchio, divertente tweet di tale “Igorunigor”: «I giocatori in campo continuano a seguire le indicazioni di quegli incompetenti seduti in panchina e non le mie urla da casa». Con i cinque cambi aumentano le urla da casa, ma anche e soprattutto le speranze e le soluzioni per “quegli incompetenti seduti in panchina”.