Napoli-Roma, questione di carattere

Napoli-Roma, questione di carattere© AS Roma via Getty Images
di Alessandro Barbano
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Di qua i fantasmi del Napoli, che nel momento cruciale diventano anche i fantasmi di Spalletti. Di là il risultato, a dispetto di ogni estetismo, come piace a Mou. In mezzo un pareggio che sembra riconsegnare la corsa scudetto nelle mani delle milanesi, e allunga la striscia positiva dei giallorossi con la dodicesima gara senza sconfitte.

Il tecnico romanista è arrabbiato con l’arbitro, e ha ragione: perché interventi come quello di Meret su Zaniolo in altri casi sono stati censurati con il rigore. E perché sul campo la spudorata bruttezza della Roma ha vinto il confronto con la spaventata eleganza del Napoli. Se poi quella vista al Maradona possa definirsi una partitissima tra due squadre di vertice, è un quesito su cui è meglio sorvolare. Questo è il calcio nell’anno del Signore 2022, lo stesso che ci ha tagliato fuori dal Mondiale per mano della Macedonia. Ma se c’è qualcosa che lo fa a tratti indigeribile, al netto della modesta caratura tecnica dei protagonisti, è il tatticismo. In cui è caduto anche un tecnico intelligente come Spalletti. Prima ha suggerito-tollerato che il Napoli amministrasse il vantaggio ottenuto quasi subito, anziché tentare con maggiore convinzione altri affondi per il raddoppio. Il timore di scoprirsi al contropiede è diventato subito rinuncia al contropiede. Poi, di fronte allo psicodramma dell’ultimo miglio, che nel secondo tempo ha stretto gli azzurri nell’ormai consueta morsa del panico, l’allenatore toscano ci ha messo del suo con alcune sostituzioni implausibili. L’effetto è stato quello di ribaltare l’offensiva di una squadra che punti allo scudetto nel catenaccio di una provinciale che difenda il vantaggio in trasferta. Invece di esortare gli azzurri a giocare di più su Osimhen, per spostare in avanti il baricentro del gioco, ha tolto il nigeriano per Mertens, e un lucido Insigne per Juan Jesus. Il resto lo ha deciso la condizione atletica non invidiabile della Pasquetta azzurra. Alla fine la paura di vincere ha vinto sulle chance di vittoria.

Mourinho ha fatto l’esatto contrario. Dopo un primo tempo che ha lasciato Zaniolo solo a sfidare la solitudine e il raddoppio di marcatura di Koulibaly e compagni, il portoghese ha messo dentro Mkhitaryan. La Roma finalmente ha preso a giocare tra le linee, e tra le linee ha fatto breccia. Prima offrendo ad Abraham un assist delizioso, sciupato malamente a due passi da Meret. Poi liberando il Faraone al tiro del pareggio, grazie a una riparatoria finta dell’attaccante inglese.

Il gol in zona Cesarini racconta la rivoluzione del tecnico. L’autostima dei giallorossi è indifferenza al giudizio sul gioco. Vuol dire sbagliare, tanto, senza deprimersi, e continuare a giocare con una stabilità emotiva anche se mancano pochissimi minuti. L’assedio della Roma al Napoli è stato prima psicologico, piuttosto che atletico e tattico. E meno che mai tecnico. Come ha scritto Ivan Zazzaroni, la squadra meno dotata tra le big con un finale di gran carattere ha vinto il confronto. Se il campionato fosse un festival del cinema, Mourinho meriterebbe l’oscar della regia. Ma di un simile riconoscimento lui non saprebbe che farsene. Vuole ben altro e prima o poi l’otterrà.


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