Lazio-Inter, stavolta i cambi premiano solo Sarri

Lazio-Inter, stavolta i cambi premiano solo Sarri© LAPRESSE
di Alberto Dalla Palma
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È caduto per la prima volta proprio davanti al suo popolo, contro la squadra del cuore. Un destino beffardo, una conclusione molto diversa dall’inizio di una partita apparentemente semplice fino al rigore di Immobile, che ha riacceso la Lazio più di chiunque altro grazie alla capacità di fare reparto da solo. E per Simone Inzaghi, l’uomo forse più importante della carriera di Ciro, è stata la fine. L’Inter si è sbriciolata proprio quando sembrava che stesse cercando il gol per chiudere la contesa e dedicarsi alla Champions. All’improvviso, invece, si ritrova oggi in grande difficoltà nella difesa dello scudetto di Conte, Lukaku e Hakimi: a 5 punti dal Milan, autore di una grande impresa contro il Verona (da 0-2 a 3-2), e a 4 dal Napoli, che potrebbero diventare addirittura 7 se Spalletti riuscisse a battere il Torino al Maradona.
     Tutto avrebbe accettato Simone, nella sua nuova vita da interista, meno che perdere all’Olimpico dopo la commovente festa della Nord, che non aveva dimenticato ventidue anni d’amore. Ma Inzaghi non è riuscito a cambiare o a congelare, come avrebbe voluto, la partita contro la Lazio. Anzi, stavolta la girandola delle sostituzioni ha paradossalmente penalizzato l’Inter, al contrario di quello che era accaduto, per esempio, contro il Verona e il Sassuolo. La squadra nerazzurra aveva sofferto la pressione della Lazio e gli spunti di Felipe Anderson, ma tutto sommato, dopo il rigore di Perisic era riuscita a controllare la partita. Gli ingressi di Dumfries, Vecino e Correa (per Bastoni, Gagliardini e l’autore del gol) e poi di Lautaro (per Dzeko) non hanno avuto gli effetti che desiderava il tecnico nerazzurro. Piuttosto, sono state le sostituzioni di Sarri (dentro Luis Alberto e Lazzari al posto di Basic e Hysaj, ancora una volta tra i peggiori) a dare un impulso diverso alla partita. La Lazio è cresciuta, caricata dal pareggio di Immobile, e a quel punto ha sovrastato l’Inter anche sulle corsie esterne, dove aveva sofferto di più perché Darmian e Dimarco godevano di una libertà inspiegabile.
     Forse Simone ha preteso troppo da tre giocatori che erano rientrati solo nella notte dal Sudamerica, forse ha effettuato delle mosse che aveva studiato prima della sfida del cuore ma di cui l’Inter non sentiva la necessità in quel momento: era in controllo della contesa e la Lazio era come sempre alla ricerca di se stessa. Si discuterà a lungo del secondo gol biancoceleste, ma a norma di regolamento non c’è stato alcun illecito: con Dimarco a terra, Lautaro è scappato in velocità e ha concluso alla ricerca del gol. Reina, dopo la parata (semplice), ha rilanciato il contropiede, di cui Inzaghi aveva forse perso il ricordo: tre passaggi, il tiro di Immobile, il colpo sotto di Felipe Anderson sulla parata di Handanovic. Quello che ha scatenato subito dopo Dumfries, senza pagare un conto più salato del cartellino giallo, è stata la vera vergogna di un finale da western che Sarri pagherà a caro prezzo: oltre ad Acerbi, già squalificato, il tecnico dovrà sopportare a Verona anche l’assenza di Luiz Felipe, espulso per un abbraccio - goliardico ma assolutamente evitabile visto il clima - equivocato prima da Correa, cioè il suo migliore amico, e poi da Irrati.
     Come già era accaduto nel derby, si è vista una bella Lazio, tonica e aggressiva quando è riuscita a segnare e a comandare. Ancora in altalena, dal crollo di Bologna al successo contro i Campioni d’Italia, la squadra è alla ricerca di se stessa, stimolata e provocata da un Sarri quasi spietato in una vigilia incandescente. Mau ha prima sacrificato uno dei suoi giocatori più talentuosi, Luis Alberto, soprendendo Inzaghi con la fisicità di Basic, e ha poi cambiato la dinamica dell’incontro con le sostituzioni. È un viaggio lungo e anche tormentato, quello del tecnico toscano, che sta cercando di cambiare modulo, atteggiamento tattico e mentalità di una squadra che non era abituata a sostenere certi ritmi. La vittoria contro l’Inter potrebbe aumentare l’autostima della Lazio e fermare una corsa sulle montagne russe: o bene bene o male male, senza vie di mezzo.
     La vittoria del Milan contro il Verona va giudicata come una grande impresa, considerando che la squadra di Pioli, senza Maignan, Florenzi, Theo Hernandez, Bakayoko, Brahim Diaz e Messias, si era trovata sotto di due gol e aveva anche perso Rebic per infortunio, come se non bastassero già tutte le altre assenze. La testata di Giroud, il rigore di Kessie e lo sciagurato autogol di Gunter hanno spedito i rossoneri in vetta, almeno per una notte. Una prova di forza, di determinazione e di volontà che rappresenta un segnale per l’Inter e anche per Spalletti, che può celebrare il controsorpasso all’ora di cena con l’ottava vittoria consecutiva in campionato. Da brividi, solo a pensare le emozioni che vivranno i napoletani al Maradona contro il Torino.

 


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