Quando Manuel Lazzari si ritaglia una serata alla Simonsen e Luis Alberto non si accontenta di un solo gol; quando Immobile è Immobildream e la Roma si dimentica troppo in fretta di sé (Pau Lopez più tante anime in transito), il derby più sentito di sempre, nel senso che grazie ai vuoti dell’Olimpico l’abbiamo più ascoltato che visto, non può che concludersi con il trionfo della Lazio. Un trionfo spesso accarezzato, sognato e in gran parte preparato. Inzaghi sperava di giocare e vincere proprio così: lasciando la fatica della partita alla Roma e prendendosi con merito i tre punti. In effetti la Lazio ha potuto e saputo investire sui tanti errori dell’avversario (non un’esclusiva di Ibanez), su una superiorità atletica impressionante e sulla sua principale qualità, riassumibile nella perfetta combinazione di tre fasi: copertura degli spazi nei trenta, trentacinque metri davanti a Reina, recupero del pallone e ripartenza a folle velocità.
Nella prima mezz’ora sembrava di assistere al match tra due pugili nel quale uno, la Roma, provava ad attaccare di pura scherma, ricorrendo a una serie di diretti e ganci timidi, e montanti, senza però riuscire a far male. Mentre l’altro, senza troppi riguardi e dopo una lunga serie di facili schivate, sfruttava la guardia lenta, anzi lentissima, dell’avversario per sferrare l’uno-due stordente (discutibile l’assegnazione del secondo gol: la posizione di Caicedo, praticamente sulla linea di Pau Lopez, è sembrata irregolare).
Non è mai stato un derby, non c’è mai stata partita: una volta di più la Roma non è stata capace di battere una delle prime sei forze del campionato. Ed è proprio da qui che deve partire la riflessione di una società in piena fase di rinnovamento: è necessario che ragioni sull’incidenza e la partecipazione di Dzeko (si può parlare di dipendenza, ma con accenti tutt’altro che positivi) e sulla capacità di Fonseca di leggere e cambiare in corsa la partita.
La sconfitta è stata scioccante. Ma visto che la classifica è ancora viva e interessante, i Friedkin dovrebbero provare ad aggiungere qualcosa sul piano della personalità e del coraggio: penso ad esempio a un soggetto come Papu Gomez che alla squadra garantirebbe l’accensione ideale. Questo derby-non-derby può dunque servire a entrambe: restituisce alla Lazio la coscienza di sé e mette la Roma di fronte allo specchio meno deformante.