A Bologna, dopo troppe stagioni di tormenti e tentativi (falliti) di rilancio, l’avevano ribattezzato “còt in bianc”, cotto in bianco, per sottolinearne alcune fragilità caratteriali. Nella serata più sorprendente Mattia Destro, ventinove anni, solo due gol negli ultimi venti mesi e tante ambizioni personali accantonate, è riuscito a dare un sapore forte, più accentuato, alla stagione realizzando la doppietta che ha fermato nuovamente il Milan, sempre leader ma adesso con un solo punto di vantaggio sull’Inter.
Pur rifiutando l’obbligatorietà dello scudetto, Conte è l’unico ad aver ricavato il massimo dal turno infrasettimanale. Ce l’ha fatta grazie ad Handanovic, capace di condannare alla sconfitta un Napoli deciso e a tratti arrembante, peraltro ridotto in dieci da Massa che ha punito Insigne per il «vai a cagare» (invito solo proctologicamente corretto) rimbombato nel vuoto di San Siro subito dopo l’assegnazione del rigore che ha deciso una sfida volutamente tattica: gli arbitri con le palle sanno quando è il momento di tenere le orecchie tappate, ma spiegazioni come quella fornita in tv da Gattuso sono difficilmente condivisibili.
Sempre a proposito di rigori, sono convinto che Nicola Rizzoli abbia tirato un sospirone di sollievo quando Gollini ha parato a due mani quello di Ronaldo, frenando sul nascere l’ondata di polemiche che avrebbe alimentato l’errore di Doveri & the Var: il superdesignatore non giudica infatti punibili contrasti in area come quello di Hateboer su Chiesa, che con molto mestiere - ma a casa Gasperini lo definiscono diversamente - ha accentuato la caduta.
Giusto così, dunque: anche perché il pareggio è il risultato che meglio descrive Juve-Atalanta, partita di livello europeo, giocata a ritmi alti, che ha avuto anche dei protagonisti inattesi: McKennie e Chiesa i migliori nella prima parte; De Roon, Freuler e il Papu punito e canterino, subentrato nella ripresa a Pessina, nella seconda - Gollini e Szczesny strepitosi sempre. Tra i meno brillanti, Ronaldo e Morata; troppo a lungo seduto Dybala che avrebbe meritato almeno mezz’ora e non la miseria di minuti che gli ha riservato Pirlo. La Juve nel complesso non mi è dispiaciuta, l’Atalanta l’ho apprezzata in particolare dopo l’ingresso di Gomez, al quale auguro di tornare a mettersi a disposizione di Gasperini prima con la testa e poi con i piedi, che sono preziosissimi: i meriti della promozione in nazionale e della consacrazione internazionale non sono soltanto suoi.
Segnalati i progressi della Juve in termini di aggressività e presenza in partita, sottolineo tuttavia la distanza tanto dal Milan quanto dall’edizione sarriana: 8 i punti in meno, l’anno scorso erano 32 contro i 24 attuali, senza trascurare l’“eccezione Graziani”, ovvero i tre ottenuti a tavolino.
Linda Raff, moglie del Papu emerito, per difenderlo ha citato Socrate, a me basta il caro e indimenticabile Socrates, a fine Settanta compagno di un paio di serate alla birreria Pinguim di Ribeirao Preto. Tra numerosi chope e alcune porzioni di queijo a milanesa, il Magrao riusciva sempre a sorprendere filosofeggiando e qualche tempo dopo giunse alla conclusione che «il calcio si concede il lusso di lasciar vincere il peggiore, non c’è niente di più marxista o gramsciano del calcio».