Non cambieremo mai, non cambieranno mai. Anche in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo da oltre un mese gli interessi particolari continuano a prevalere su quelli generali. Sono giorni che assistiamo al balletto del «si deve giocare», «non si deve giocare»: da un parte alcuni presidenti e dirigenti, sempre gli stessi, sempre i soliti, che fanno e dicono di tutto affinché la stagione si chiuda qui, dall’altra istituzioni nazionali e internazionali (Gravina, Infantino, Ceferin, Agnelli, Rummenigge) che si battono per la ripresa dell’attività e il ritorno a una semi-normalità, in condizioni di sicurezza, con un solo obiettivo: che il virus, oltre alle migliaia di vittime che sta mietendo, non faccia milioni di morti che camminano. Intendo operai, ristoratori, baristi, tabaccai, camerieri, bagnini, albergatori che una volta sopravvissuti alla pandemia si ritroveranno senza lavoro, senza un soldo, senza un futuro.
Mi soffermo sul calcio italiano, un mondo che frequento dall’80 pieno di personaggi che riescono sempre a non sorprendermi. Ho la sensazione (chiamala sensazione) che qualcuno stia utilizzando l’emergenza per tentare di cancellare gli errori commessi prima che entrasse in scena il virus. In che modo? Tagliando i costi, non pagando alcune mensilità ai calciatori, oppure provando a evitare la retrocessione o fallimenti di altro genere, tipo una posizione finale in classifica non in linea con gli investimenti dell’azionista. So per certo di amministratori che telefonano a esponenti del Governo per spingerli a imporre la chiusura della serie A e so anche di alti dirigenti sportivi che fanno di tutto per ingigantire le difficoltà. Ora, se questi soggetti avessero veramente a cuore la salute della gente lascerebbero fare agli esperti: non proverebbero cioè a condizionare le decisioni di un Esecutivo assai confuso che si ritrova a contrastare un nemico sconosciuto.
L’Italia, nei momenti più difficili della sua storia, ha avuto amici-nemici potentissimi che l’hanno resa vittoriosa da alleati, sconfitta da avversari, inaffidabile comunque; spesso il nemico vero, per i nostro Paese, è l’italiano, il disfattista, il badoaicazzimiei, lo stesso che ha tentato di truffare lo Stato con le mascherine, e l’hanno beccato, mentre sono già numerosi e impuniti quelli che sempre con le mascherine fottono migliaia di connazionali spaventati, vendendo a otto ciò che hanno pagato uno.
Sì, i disfattisti e i qualunquisti o gli ignoranti, questi ultimi spesso nutriti d’invidia: si ferma il rugby, si ferma il basket, si ferma la pallavolo, perché non si ferma il calcio? E la ruzzola? Avete mai sentito dire che uno di questi sport sia la quarta industria nazionale per fatturato capace di garantire oltre un miliardo di tasse ogni anno? Poi, per chiudere la litania, i faziosi che rifiutano anche solo di conoscere le ragioni altrui, ai quali abbiamo cercato di insegnare una semplice verità: aspettiamo che sia la scienza a dirci «giocate», ma nell’attesa facciamoci trovare pronti alla migliore delle eventualità. Perché neanche la scienza è esatta. E questa è la triste rivelazione del coronavirus che ci ha condannati ad ascoltare, tra tanti scienziati di livello, anche decine di esperti del nulla.