Il mucchio selvaggio di Piccinini più che quello di Peckinpah. L’ammucchiata nell’area scudetto che provoca eccitazione, tensioni e alimenta sogni possibili. Che il dio del calcio protegga questo campionato anche da alcuni arbitri, varisti e nevrastenici. Perché c’è vita, altra vita sul pianeta: tre squadre in un solo punto dopo ventitré giornate e allora bisogna tornare indietro di diciotto anni per trovarne altre tre vicine-vicine (Juve 47, nel 2001-02, Inter e Roma 46). Oggi la Juve più confusa dell’ultimo decennio, pur se irrimediabilmente prima, è ferma a 54, l’Inter l’ha raggiunta con una rimonta tanto spettacolare quanto pazza, la Lazio si è incollata alle loro spalle.
Se si respira di nuovo l’ossigeno della competitività diffusa è soltanto perché la forza della Juve è inferiore al solito. A inizio stagione trasparì la preoccupazione dei giocatori abituati a lavorare di più con i preparatori di Allegri. Dopo la sosta natalizia la squadra è sembrata brillante, più fluido il gioco, ma nelle ultime uscite la brillantezza non è stata sostenuta dalla corsa - in gergo, dalla gamba -, tant’è che il Verona è sembrato notevolmente più fresco e in condizione.
Stimo Sarri e non escludo che abbia programmato i carichi soprattutto in funzione della Champions trascurando verosimilmente alcune esigenze del campionato. Al tempo stesso la squadra, vittima di troppe lentezze, potrebbe aver deciso di puntare al bersaglio grosso (c’è chi dice che alcuni giocatori lavorino anche fuori dalla sessione, individualmente). Una frase del tecnico mi ha colpito per la sua elementarità: «Non possiamo lasciare punti per troppa leggerezza. Vincere non è scontato, basta superficialità». Pensavo che la Juve leggera e superficiale appartenesse all’altro secolo: mi sbagliavo?
Mi stavo certamente sbagliando all’intervallo del derby, col Milan in vantaggio di due gol e dominante nel gioco, fisicamente e mentalmente. Discorso chiuso, ho pensato, e invece in due minuti l’Inter si è rimessa in corsa e poco dopo si è presa partita e primato. Non so cosa abbia detto Conte nello spogliatoio: so però che ne sono usciti trasformati.
Qualche settimana fa, parlando della sua Atalanta, Gasperini si è mostrato compiaciuto della straordinaria alchimia che è stato capace di creare. Lo stesso discorso può fare Inzaghi che tuttavia non si incanta a guardare ciò che ci sta offrendo: una squadra in cui sono aumentate la disponibilità al sacrificio, la consapevolezza e la continuità che ne deriva: diciotto risultati utili sono un record storico per il club, sei vittorie nelle ultime otto trasferte il segnale della crescita verticale di giocatori che lottano e sognano nello stesso istante, capaci di passare dal fantastico primo tempo di mercoledì scorso col Verona al secondo di totale sofferenza col Parma. Luis Alberto, Acerbi e Caicedo i protagonisti e interpreti “totali” di un momento di giustificata esaltazione.