Noi nostalgici della corsa al titolo aperta a più squadre (si stava meglio quando stavano meglio anche altri); noi rotti a tutte le malizie d’una frenetica ricerca dell’anti-Juve, abbiamo trascorso l’estate ripetendoci che i campioni avrebbero subìto gli effetti del passaggio da Allegri a Sarri poiché il trattamento Sarriball si sarebbe rivelato non dico traumatico ma quantomeno disorientante per chi aveva appena conquistato l’ottavo scudetto di fila: come riferimento, avevamo lo scombussolamento provocato da Benitez quando nell’autunno 2010 tentò di cambiare la testa dei protagonisti del Triplete di Mourinho: sei mesi e a casa.
Ad alimentare le tante illusioni è intervenuta la scossa dell’8 agosto, avvertita soprattutto da Paratici, nel momento in cui la Premier ha deciso di abbandonare Dybala (Manchester United e Tottenham) e Mandzukic (United).
Il lungo stop di Chiellini, l’irritazione dello stesso Mandzukic e di Can, i grandi esclusi dalla lista Champions, i conti notevolmente appesantiti, l’ossessione europea e le prime uscite stagionali sembravano andare nella direzione sperata da interisti e napoletani. Poi è arrivata la sfida di San Siro, l’evidente dimostrazione di superiorità: e con la Juve che investendo l’Inter è tornata al suo posto il castello delle speranze della concorrenza ha registrato i primi cedimenti.
Ora il sospetto (forte) è che in poco meno di due mesi di campionato Sarri abbia trovato il compromesso ideale tra i suoi princìpi di gioco e le caratteristiche dei campioni che allena (la stagione nel Chelsea degli “anarchici” Hazard e David Luiz e di una stampa antipatizzante gli è servita) e se anche Sarri diventa duttile la domanda che ci accompagna da quasi un decennio torna d’attualità: si può davvero fermare questa Juve?
Il discorso è, come detto, ristretto a Napoli e Inter, seconda e quarta fino a pochi mesi fa oltre che le uniche ad aver seriamente investito nell’ultimo mercato: ed è proprio ai grandi investimenti di Napoli e Inter, Lozano, Lukaku (e Conte), 50, 65 (e 100) milioni, sono richieste risposte differenti rispetto a quelle del passato.
Due giorni fa, a Londra, Andrea Agnelli, quasi compiaciuto, ha detto che “l’Inter è una seria candidata al titolo”: quando fa così le preoccupazioni di chi insegue tra mille difficoltà e diffidenze ma con legittime velleità aumentano in modo considerevole.