Juventus-Roma
La “sua” partita, per motivi personali e storici. L’avesse potuta scegliere, per scrivere la parola fine sul libro iniziato nel 1989 sul campo del San Casciano, non avrebbe potuto fare di meglio. Gianluca Rocchi ha chiuso una grande carriera, che avrebbe potuto essere straordinaria qualora si fossero avverati una serie di “se”, non tutti dipendenti dalla sua volontà. Per farlo, la partita che di più lo ha coinvolto, su tutte quella del 2014, la tempesta perfetta, dove nulla gira come deve girare. Per questo, forse, il destino gli ha regalato Juve-Roma per incastonare la 264ª perla in serie A (secondo all time dietro Concetto Lo Bello a 328), e Rizzoli gli ha reso l’onore delle armi: quarto uomo Orsato (commovente l’abbraccio a fine partita, ad occhi stretti), che ne raccoglierà l’eredità. «E’ stato un onore, il miglior finale che potessi immaginare, l’omaggio dei giocatori, i nostri primi grandi giudici. Non so se avrei continuato ad arbitrare così bene, è giusto smettere adesso. I tanti rigori? Abbiamo ricominciato ad arbitrare in un clima senza pubblico e magari certi contati vengono amplificati dal silenzio e forse questo ci porta a punire contatti sui quali prima avremmo sorvolato. Ora mi riposo, sto in famiglia, con i miei bimbi, vediamo cosa succederà. Negli ultimi anni alcune regole sono state semplificate, il VAR è favoloso, oggi certi errori non sono più passabili, c’è molta più giustizia».
Emozioni
Tante, sin da prima di mettere il naso fuori in uno stadio vuoto, accompagnato dai figli Samuele e Federico e da papà Giovanni (la mamma, in pratica il suo “uffcio stampa”, è rimasta a Firenze). Emozionato, molto, l’ex internazionale, occhi lucidi prima e dopo il fischio finale (quando è stato schiumato da Cuadrado), con l’omaggio delle due squadre. Nel mezzo, non s’è fatto mancare nulla ed ha continuato a fare quello che da sempre ha saputo fare meglio, l’arbitro. E così, vantaggio (sul fallo di Smalling su Higuain) e poi giallo per il giallorosso. Un gol annullato a Calafiori con il pallone uscito sull’angolo di Perotti. Un rigore (non un rigorone, eh?) fischiato d’istinto, senza bisogno del VAR.
Arrivederci
Un anno sabbatico, un futuro da tecnico prima e dirigente arbitrale poi (con chi, è ancora tutto da scoprire, anche se è facile da immaginare). Chiude la sua carriera con 264 partite in A (132 rigori e 125 espulsi), 74 in Uefa, 37 con le Nazionali con una Olimpiade (Londra 2012, con i mitici Cariolato e Di Liberatore), una Confederation (2017), un Mondiale (Russia 2018) e senza Europei (questo doveva essere il suo anno, ma l’avevano fatto fuori prima che ci pensasse il Covid19), un mondiale per club. Solo per citare i traguardi di vertice. Ha diretto quattro finali: Supercoppa Uefa (2017, Real Madrid-Manchester United 2-1), Europa League (2019, Chelsea-Arsenal 4-1); Supercoppa italiana (2013, Juventus-Lazio 4-0); Coppa Italia (2016, Milan-Juventus 0-1 dopo i supplementari). Che dire: peccato, era un bell’arbitro....