Abbiamo aspettato l’ultima partita del primo turno ma ne valeva davvero la pena. Dal punto di vista emotivo, non ci bastava il crollo di Messi, la rimonta araba, le goleade della Francia e della Spagna, l’impresa del Giappone e neanche il rigore che ha consentito a Ronaldo di segnare per il quinto mondiale di fila, un’impresa che non era riuscita neanche a Pelé, che però di Mondiali ne ha vinti addirittura tre. Su Qatar 2022, partito dalla Luna, è finalmente atterrato di Brasile di Tite, il Brasile di Richarlison, il Brasile di Neymar, Vinicius e Casemiro: era sparito da troppo tempo, sono vent’anni che non conquista la Coppa del Mondo, dai tempi del Fenomeno e di Ronaldinho, e stavolta fa davvero paura a tutti. Non per il 2-0 contro la Serbia, una vittoria non proprio scontata anche se molto prevedibile, ma per quello che ha fatto nel secondo tempo, quando ha deciso di chiudere l’esibizione e di iniziare la sua partita stravinta con Richarlison, forse l’uomo più discusso alla vigilia del debutto e durante l’intervallo.
Ma come è possibile - si chiedevano in tanti - che non giochi Gabriel Jesus, il centravanti scartato da Guardiola che ha trascinato l’Arsenal in testa alla Premier: un giocatore spietato in area di rigore, la classe di un brasiliano e la prepotenza di un tedesco. Ma l’uomo di Tite non è lui, l’uomo di Tite è proprio Richarlison, recuperato dopo un lungo infortunio solo qualche settimana prima del Mondiale, 9 gol nelle ultime 7 gare della nazionale carioca: lo stesso Conte, sulla panchina del Tottenham, forse non ha ancora capito cosa possa combinare accanto a Kane questo attaccante, veloce come un esterno di fascia e opportunista come un Paolo Rossi moderno. Segna l’1-0 sulla respinta del Milinkovic più bravo nella serata nera della Serbia (meglio il portiere del Torino rispetto al fratello della Lazio) e raddoppia con una rovesciata destinata a diventare la cartolina del Mondiale, uno spot pubblicitario per le partite del secondo turno. Uno spettacolo, il Brasile, un divertimento garantito anche se esistono dubbi sulle condizioni fisiche di Neymar, torturato a tal punto da mettere in dubbio la sua presenza contro la Svizzera e forse anche nelle fasi successive. Non ha segnato, non ha ancora battuto il record di Pelé (77 gol contro 75) ma è sempre quello che devasta gli avversari perché quando si accende la luce non può essere fermato con alcun mezzo lecito. E poi c’è Vinicius, su quella fascia veloce come la Ducati di Bagnaia, e poi c’è Raphinha che dall’altra parte si accende all’improvviso, e poi c’è Casemiro, che possiamo chiamare “mezza squadra”. Da solo riesce ad alzare una barriera in mezzo al campo talmente solida da consentire al ct di sfruttare accanto a lui l’ex milanista Paquetà, cioè uno che nel nostro campionato giocherebbe accanto al centravanti o al massimo alle sue spalle.
Provate a fermarlo il Brasile che abbiamo aspettato fino all’ultima sera, quello che quando ha sistemato la pratica Serbia, dopo aver lasciato a casa Firmino, sul 2-0 ha fatto uscire dalla panchina Fred, Rodrigo, Gabriel Jesus, Antony e Martinelli: poi può succedere di tutto, ma questa ci sembra davvero una nazionale Galattica, sempre in attesa che qualcuno metta in difficoltà Thiago Silva e Marquinhos, di cui non abbiamo parlato perché i serbi non li hanno neanche stuzzicati. Qualche lampo di Milinkovic (il laziale), uno spunto di Mitrovic, il nulla di Vlahovic quando è entrato, lo zero di Kostic che stava male e ha fatto solo lo spettatore. Per consolarsi, Allegri può rivedere la partita di Alex Sandro, un palo e un’attenzione metodica a noi sconosciuta. Forse stiamo anche esagerando, ma il Brasile ci è sembrato un incantesimo in grado anche di illuminare Qatar 2022, che fino a ieri sera ci aveva stupito per i centocinquanta minuti di recupero, il nuovo tiki taka della Spagna, la rimonta degli arabi e la feroce determinazione dei giapponesi. Ci mancava la qualità dei brasiliani.