Dal Batacazo argentino alla Debakel tedesca cambiano i suoni ma non gli umori. E’ sempre una disfatta, che accomuna i destini di due grandi storiche: Argentina-Germania è stata una combinazione da finale mondiale valida per tre edizioni dal 1986 in poi. Eppure entrambe hanno perso al debutto contro due underdog, le sfavorite, che stanno esplorando il Qatar con l’ambizione di appiattire il gap di qualità dal pianeta elettivo dei migliori. L’influenza asiatica deve essere analizzata con cura, perché la crescita di alcune squadre (le migliori: aspettiamo la Corea del Sud) testimonia un avanzamento di livello che era stato sottovalutato.
INSPIEGABILE
Certo alla Germania la sconfitta brucia di più, perché è maturata nell’ultimo quarto d’ora dopo una partita a lungo dominata. «Sono ancora sotto shock - ammette Thomas Müller -, quando giochi così quasi sempre vinci. Invece noi non solo non siamo riusciti a difendere il vantaggio ma abbiamo addirittura perso. Peccato. Ma resta il buono che si era visto nei primi 75 minuti. Siamo ancora in tempo per risalire il girone». Sarà: ma siccome la Spagna ha travolto senza pietà la Costa Rica (7- 0) la qualificazione tedesca non sarebbe scontata neppure a 6 punti, in un ipotetico arrivo a tre, a causa della differenza reti che verosimilmente sarebbe peggiore rispetto agli spagnoli.
RABBIA
Più dura l’analisi di Ilkay Gündogan, autore dell’illusorio vantaggio: «Abbiamo regalato la partita al Giappone. Soprattutto il secondo gol. Non so se sia mai esistito nella storia di un Mondiale un gol così facile da segnare. Non si possono concedere certe cose quando giochi a certi livelli. Eppure Neuer con quella parata pochi minuti prima ci aveva lanciato un alert...». Già ma lui, Gündogan, non aveva potuto recepirlo perché era stato incautamente sostituito da Flick sul risultato di 1-0 per la Germania. Il ct da parte sua può solo ammettere che «il Giappone ci ha battuti in termini di efficienza. Abbiamo commesso errori individuali che non sono accettabili, in attacco e in difesa. Torniamo a casa molto tristi, sarà un lungo viaggio». Lungo davvero: la Germania alloggia sulla punta nord del Qatar, in un resort di Al Ruwais.
STITICHEZZA
Magari l’avesse a disposizione, una punta. La patria di Seeler, Gerd Müller, Völler, Klinsmann, Klose, da anni non fornisce eredi all’altezza. Tanto è vero che la Germania, perso anche l’ondivago Timo Werner per infortunio, gioca con Havertz falso nove. Ma per battere il Giappone bastava essere un po’ più lucidi sotto porta e attenti in difesa: il traguardo era piuttosto vicino. Manuel Neuer, il capitano dei diritti, non cerca alibi: «Sono molto deluso, ci siamo troppo concentrati sull’idea di segnare il secondo gol senza pensare a gestire bene il pallone. Nel secondo tempo abbiamo perso sicurezza. Non sentivamo proprio il bisogno di perdere così la prima partita del Mondiale». L’immagine di Neuer che si tira su la maglia per coprire il volto, dopo l’ammirevole battaglia politica che ha guidato, racconta perfettamente la giornata dello stadio Khalifa: sul campo, solo sul campo, per i tedeschi è il momento di arrossire.